UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Clerus app, uno smartphone per l’omelia

Don Paolo Padrini, pioniere delle tecnologie per il ministero, valuta i meriti della nuova applicazione vaticana.
9 Gennaio 2018

Se l'interesse suscitato da Clerus App sarà pari alla sua efficacia, l'iniziativa digitale della Congregazione per il Clero e della Segreteria vaticana per la Comunicazione per supportare i sacerdoti nella preparazione dell'omelia domenicale sarà un grande successo. Tra chi ha accolto con favore la proposta c'è anche don Paolo Padrini, direttore delle Comunicazioni sociali in diocesi di Tortona e pioniere delle tecnologie digitali nella liturgia.

Che servizio può offrire una app come questa?
Un supporto molto importante alla predicazione nella Santa Messa, momento mai abbastanza preparato e supportato da contenuti di qualità come quelli che la Congregazione può offrire. L'importanza però si estende al suo senso: portare questo aiuto attraverso i media digitali contribuisce a formarne l'uso sempre più consapevole e positivo nel clero (non solo giovane). Un uso che rischia di diventare molto 'laico' e dispersivo anche per noi sacerdoti. In sintesi: questa app offre la possibilità di stimolare una 'buona pratica'. E questa è cosa molto buona...

Nell'era della distrazione continua, indotta proprio dalle nuove tecnologie, che caratteristiche deve avere l'omelia?
Quelle che le erano proprie in passato e che saranno sempre così come la Chiesa insegna, nel solco della crescita teologica in ambito omiletico, che tutt'oggi prosegue. Le nuove tecnologie possono aiutare noi preti a formarci per poter fare omelie ancora migliori, offrendo contenuti come quelli proposti da questa app. Ma l'efficacia dell'omelia, non lo dimentichiamo, sta in ciò che 'scalda' il nostro cuore di omileti: lo Spirito Santo, l'amore che la Parola fa esplodere in noi, e che, diventando contagioso, è 'forza' dell'azione omiletica: forte perché forte è la Parola, nei confronti della quale noi siamo solo servitori.

Le tecnologie digitali possono aiutare davvero un parroco?
In generale credo di sì. Ovviamente occorre conoscerle e utilizzarle bene, soprattutto occorre valutarne la forza non solo come veicolo di informazioni ma soprattutto come luoghi di relazioni che chiedono a noi sacerdoti e credenti di essere sempre significative ed evangeliche. Non chiediamoci solo 'come usare questi mezzi' ma anche come viverli in quanto luoghi di azione pastorale e di relazione umana, nei quali fare spazio all' azione del Cristo Pastore, anche se non è sempre facile.

Quali supporti tecnologici tornano più utili per il ministero?
Internet può essere un valido e concreto aiuto per la formazione e la documentazione, ma penso anche alle tante app religiose oggi a disposizione. Riserverei poi una riflessione più approfondita sui social network, che richiedono molta attenzione ma possono ancora essere un luogo salutare per incrociare cuori di credenti, soprattutto aiutandoli a vivere (dall'online all'offline) nelle relazioni a 360 gradi. Intendo relazioni di qualità, oneste, accoglienti, sincere, positive.

C'è il timore che l'uso della tecnologia possa 'inquinare' l'azione pastorale. Come evitare questo rischio?
Il timore c'è sempre, così come c'è sempre stato nell'approccio con ogni media, con ogni supporto attraverso il quale viviamo eventi importantissimi come la preghiera o la liturgia. Ma ci sono anche gli anticorpi: la crescita personale nella fede e nella preghiera, la conoscenza dei mezzi e dei loro linguaggi, delle loro dinamiche di comunicazione e di relazione, dei loro meccanismi, alcuni problematici (e quindi da evitare), altri positivi (e quindi da stimolare).
Servono conoscenza e approfondimento, un po' di studio aggiornato (che a noi preti male non fa...), e soprattutto tanta preghiera.
(Francesco Ognibene)

da Avvenire del 9 gennaio 2018, pag. 18