UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

La «famiglia» dei comunicatori è su Whatsapp

«Comunicadiocesi» è il luogo di incontro virtuale tra chi si occupa di vecchi e nuovi media nel territorio della diocesi siciliana.
18 Luglio 2017

Si chiama «Comunicadiocesi» il gruppo Whatsapp che unisce giornalisti cattolici e operatori dell'informazione della diocesi di Acireale. Serve per scambiarsi notizie, informazioni utili per articoli e comunicare la pubblicazione o messa in onda dei vari servizi. Ma non solo: lo stesso vescovo di Acireale, Antonino Raspanti, condivide le foto dei propri viaggi o le interviste che rilascia. L'idea di far collaborare tra loro giornalisti di testate diverse, accomunati dall'ispirazione cattolica e dalla vicinanza alla diocesi, è stata dello stesso vescovo che è anche presidente della Commissione comunicazioni sociali della Cei. L'intento è quello di superare alcuni ostacoli: «La prima difficoltà che ho avvertito - spiega il vescovo - è che la comunità ecclesiale, in tutte le sue componenti istituzionali, svolge un' enorme mole di attività, molte sconosciute a tanti membri della stessa comunità e di cui non percepiamo ancora il valore di evangelizzazione nei confronti dei più lontani. Pensiamo infatti sempre di rivolgerci ai vicini. Questo silenzio è ingiusto nei confronti di noi stessi, per questo ho pensato che è importante che i singoli media dialoghino tra di loro, e soprattutto gli operatori siano i primi a sperimentare una sorta di comunità».
Della comunità su Whatsapp fanno parte sia giornalisti che comunicatori che operano sui social media.
Ciascuno, oltre a essere più stimolato a seguire le notizie religiose, è libero di prendere le informazioni che ritiene rilevanti e di tradurle sul mezzo con cui opera. Così ci si conosce e si incrociano interessi. Per monsignor Raspanti è importante offrire più notizie «costruttive» per dare un contributo al mondo dell' informazione, caratterizzato dal predominio della cronaca nera e di uno scenario cupo.
(Maria Gabriella Leonardi)

da Avvenire del 18 luglio 2017, pag. 18