UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

“Nuovi media, frontiera della sfida educativa”

Il vescovo Claudio Giuliodori: «Col convegno “Testimoni digitali” vogliamo offrire un’occasione di riflessione alla Chiesa chiamata a integrare il messaggio evangelico negli scenari dell’ipermedialità». Ecco l'intervista realizzata da Vincenzo Grienti e recentemente pubblicata da Avvenire.
7 Gennaio 2010
Chiesa, tecnologie digitali e nuovi linguaggi mediatici saranno al centro di Testi­moni Digitali, il convegno che si terrà a Roma dal 22 al 24 aprile 2010 a distanza di quasi otto an­ni da Parabole mediatiche. «Quel­la del 2002 fu l’occasione per prendere coscienza del­lo scenario in cui la Chiesa italiana rinnovava il suo impegno nel mondo della comunicazione alla luce de­gli orientamenti pastorali per il decennio – ricorda il vescovo di Macerata-Tolentino-Recanati-Cingoli-­Treia Claudio Giuliodori, presidente del­la Commissione episcopale per la cultura e le comu­nicazioni sociali –. Oggi il contesto delle comunica­zioni sociali è profondamente cambiato e gli stru­menti mediatici hanno subito una innovazione che incide sullo stile di vita delle persone». 
 La vera novità di questo appuntamento rispetto al precedente meeting del 2002 è solo la parola «digi­tale »? 
 Gli obiettivi sono molteplici: principalmente si vuo­le rafforzare l’attenzione della comunità ecclesiale al­la comunicazione nel contesto dell’evangelizzazio­ne. Oggi il fattore che incide maggiormente sul mu­tamento sociale è l’innovazione tecnologica, soprat­tutto nel campo dei media. Ebbene, con il convegno si vuole elaborare una riflessione che aiuti tutti a in­tegrare il messaggio del Vangelo dentro questa nuo­va cultura digitale. Per la riuscita dell’iniziativa, che ci auguriamo possa registrare un’ampia partecipa­zione, puntiamo sui contenuti che saranno proposti alla realtà ecclesiale e, soprattutto, ad un mondo che si interroga sul futuro. Siamo infatti consapevoli che ad ogni passaggio tecnologico corrisponde una ride­finizione dell’umano, che finisce per incidere sull’e­sperienza quotidiana. 
 È il caso, ad esempio, della tv in cui, come scriveva ne La pelle della cultura De Kerchove, il rapporto tra una persona e uno schermo «oggettivo» è finito? 
 Siamo nell’era dell’user friendly , cioè di software e di applicazioni di facile usabilità che accompagnano per mano la persona utente digitale grazie a interfacce grafiche gradevoli e all’uso di pulsanti intuitivi e menù immediati. Al riguardo occorre far crescere nella Chie­sa la consapevolezza che tutti i linguaggi dell’era i- permediale o cross-mediale interpellano la testimo­nianza credente. Si chiede alla comunità cristiana di affinare la propria presenza e il proprio impegno nel flusso informatico, sulla scia degli insegnamenti di Giovanni Paolo II prima e di Benedetto XVI oggi. Tut­to ciò senza dimenticare di riconoscere e valorizzare la dimensione interpersonale che resta principio e termine di ogni autentica comunicazione. 
 Secondo lei questa dimensione non rischia di esse­re intaccata dalle diverse forme di connessioni tele­matiche che generano a volte attraverso i social network relazioni virtuali? 
 Certamente, ma chi si occupa di comunicazioni so­ciali, e mi riferisco soprattutto all’Animatore della comunicazione e della cultura, deve affrontare la sfida di leggere l’universo della comunicazione in termini di risposta educativa. È questa la principa­le responsabilità: favorire il percorso di crescita u­mana e spirituale educando, in modo particolare le nuove generazioni, ad interagire positivamente, ma anche criticamente, con questa nuova condizione del «vivere digitale». 
 Infine, che cosa ha ispirato la scelta del titolo «testi­moni digitali»? Non si corre il rischio di sminuire il senso della testimonianza? 
 Come già avvenuto con parabole mediatiche abbia­mo cercato di sintetizzare il tema in uno slogan che fosse anche un po’ provocatorio e intrigante. Con «di­gitale» si vuole indicare il nuovo territorio dove la Chiesa è chiamata a vivere la sua missione evange­­lizzatrice, mentre con «testimoni» si vuole sottoli­neare il necessario coinvolgimento del credente e del­la comunità nel rendere visibile e credibile l’annun­cio evangelico.
 

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