UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

“Informazione: la Chiesa cerca la trasparenza”

Padre Federico Lombardi, portavoce della Santa Sede, parla dal convegno internazionale in corso in Vaticano: «Il messaggio cristiano fa pensare le persone obiettive». Il vescovo Semeraro: parole chiare per evitare inconvenienti al cattolicesimo.
6 Ottobre 2010
Una Chiesa che cerca di ri­spondere con rapidità e chiarezza alle «ondate» mediatiche che si diffondono ra­pidamente per il globo. E che cer­ca sempre più la trasparenza. Co­me è accaduto per le dolorose vi­cende legate agli scandali degli a­busi sui minori. Ne ha portato te­stimonianza padre Federico Lom­bardi, direttore della Radio Vati­cana e della Sala stampa della San­ta Sede, concludendo una tavola rotonda sul tema «Comunione ec­clesiale e controversie», che ha ca­ratterizzato la seconda giornata del convegno organizzato dal Pon­tificio Consiglio delle Comunica­zioni sociali. Il messaggio cristia­no è «controcorrente nel mondo secolarizzato, non ha potere con cui affermarsi». Può comunque essere «ascoltato e fare pensare» le «persone obiettive». È accadu­to in tante occasioni, nei viaggi del Papa nel Regno Unito, negli Usa e in Francia. Ad aiutare a mettere ai margini le controversie, non eli­minabili, contribuisce una comu­nicazione che va all’essenziale, al centro, fatta da persone credibili e non «pesante».
Proprio su questo aspetto ha insi­stito il vescovo di Albano Marcel­lo Semeraro, citando il beato New­man. L’ex anglicano scriveva, in un contesto di forti polemiche an­tiromane che «poche parole chia­re e concrete possono evitare al cattolicesimo gravi inconvenien­ti ». Possono informare chi è di­sinformato e zittire chi, invece, è prevenuto. «È la verità, non la re­torica a sconfiggere la menzogna», ha concluso il vescovo.
Non ci sarà la verità, ma di reto­rica ce n’è pochissima su twitter e blog: la cosiddetta blogosfera. Far west o opportunità? L’anglo­tedesca Anna Arco del Catholic Herald non ha dubbi. È stata un’entusiasta blogger durante la visita del Papa a Londra e affer­ma: «La tentazione della rete è di generare controversie per au­mentare i contatti. Ma questi mezzi creano senso di comunità e interconnessione arrivando laddove non arrivano i media tra­dizionali ». Tre i consigli del ca­poredattore dell’agenzia tedesca Kna Ludwig Ring-Eifel: evitare le divisioni ecclesiali, non confida­re nei salvataggi finanziari di im­prese che non vanno, essere buo­ni giornalisti. Il corrispondente dell’americana Cns, John Thavis, infine, ha ricordato i richiami al­la trasparenza in materia di abu­si, fatti da Giovanni Paolo II (Chie­sa «casa di vetro») e Benedetto X­VI: «Ci siamo attenuti a questi standard o siamo stati parte del problema?», il suo interrogativo. Oltre agli «stereotipi» - come l’o­scurantismo - la Chiesa viene ac­cusata pure di essere «incapace di stare al passo con i media. E que­sto semplicemente non è vero», ha detto in mattinata il direttore dell’Osservatore Romano Gian Maria Vian. Anzi: nessuna religio­ne come il cristianesimo è stata attenta sin dalle origini alla co­municazione. Nei tempi moder­ni, da Pio XI, sottolinea lo storico, è stata addirittura «all’avanguar­dia ». E oggi è chiamata a valoriz­zare sempre più la sua universa­lità. Con Vian è intervenuto il ve­scovo francese Stanislas Lalanne, già portavoce della Gmg parigina e dei vescovi d’Oltralpe, che evo­ca una stampa capace di «far pen­sare » e proporre una «catechesi dell’attualità». Carol Andrade, re­sponsabile del tabloid di Mumbai Afternoon Despatch and Courier, ha lamentato una certa margina­lità e frammentazione: sono 360 le pubblicazioni nelle principali lingue dell’India, ma non c’è an­cora adeguata coscienza giorna­listica per raccontare questa mi­noranza molto attiva nel sociale. Bernardine Mfumbusa (Univer­sità Sant’Agostino della Tanzania) parla di situazioni differenziate: mentre in Benin la stampa catto­lica ha una posizione dominante, nel suo Paese stenta, perché, in­seguendo il modello commercia­­le, ha subito una «perdita d’iden­tità ». E di lettori. Jaime Coiro del Celam, infine, ha monopolizzato l’attenzione dei fotografi, mo­strando una bandiera cilena au­tografata dai 34 minatori prigio­nieri della terra. L’esperto suda­mericano ha insistito sulle reti so­ciali e sul fatto che la comunica­zione deve abbandonare astrat­tezze e favorire l’incontro tra per­sone. Ancora una volta: poca re­torica, molta concretezza.