Nell’anno dedicato ai sacerdoti il tema scelto da Benedetto XVI per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni sociali 2010 – «Il sacerdote e la pastorale nel mondo digitale: i nuovi media al servizio della Parola» – è un dono sapiente, da accogliere con una riconoscenza e una gioia che non si esauriscono nel facile sentimentalismo ma vanno concretizzate in stimoli efficaci in grado di smuovere e rinnovare la quotidianità del lavoro pastorale.
Il primo di questi stimoli dovrà consistere nel prendere sul serio questa Giornata, che tra le tante – qualcuno dice persino troppe – è probabilmente la più trascurata, ridotta spesso a qualche intenzione di preghiera quando non si risolve in scontate reprimende contro i mass media.
Questo primo stimolo dovrà trascinarne un altro determinante: la coscienza della positività dei nuovi media. Concetto che Papa e vescovi italiani propongono da tempo: basti ricordare il messaggio di Benedetto XVI per il 2009 (dove parlava dell’«enorme potenziale dei nuovi media nel favorire la connessione, la comunicazione e la comprensione tra individui e comunità»). Una sensibilità che però non si è ancora affermata nella maggioranza delle parrocchie, dov’è prevalente la preoccupazione dei possibili risvolti negativi. Un timore che a volte, magari inconsciamente, giustifica la rinuncia alla fatica di affrontare quel rinnovamento della mentalità che i nuovi mezzi di comunicazione inevitabilmente esigono in chi ha maturato la propria formazione prima che essi prendessero campo. Nelle comunità parrocchiali dove i media sono entrati, e in quelle nelle quali, per fortuna, sempre più velocemente stanno entrando, il tema individuato dal Papa – che sarà certamente sviluppato dal messaggio che lo illustrerà, nel gennaio prossimo – sarà prezioso per indirizzare i nuovi media sulla strada giusta, ovvero il rinnovamento della pastorale. Può succedere infatti – come sta succedendo – che essi siano adoperati al livello più rudimentale, ad esempio per inviare gli avvisi, mettere in rete nozioni sulla storia della parrocchia, sulla vita del santo patrono, o raccontare quanto è stato bello l’ultimo pellegrinaggio... Ma i nuovi media vanno accolti dai sacerdoti e dagli operatori pastorali per adeguare l’annuncio del Vangelo all’oggi. Educati e abituati a 'insegnare' la fede, non è facile trasformarsi in 'comunicatori' della fede. La gente di oggi, a cominciare dai ragazzi del catechismo, non ama le lezioni. Reagisce invece alle provocazioni, al dialogo, al confronto. Non regge alle lungaggini, alle argomentazioni complicate e contorte.
Si apre viceversa ai messaggi brevi, immediati, immaginifici. Benedetto XVI nel messaggio per la Giornata 2009 scriveva: «Le nuove tecnologie hanno anche aperto la strada al dialogo tra persone di differenti Paesi, culture e religioni». Queste «persone di differenti Paesi, culture e religioni» non sono soltanto quelle dell’America Latina o dell’Oriente, con le quali possiamo comunicare via e-mail, Skype o Facebook. Sono in ogni comunità parrocchiale.
I media possono aiutarci ad abbandonare la mentalità dell’insegnante che aspetta coloro che 'devono venire', per passare a quella del missionario che sa di 'dover' andare. I Vangeli ci raccontano di Gesù che si muove continuamente: «Andiamocene altrove, nei villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto», dice a Simone che vorrebbe fermarlo a Cafarnao dove la parrocchia è bene avviata. I media ci permettono di riprendere il suo stile itinerante per portare dovunque la sua parola, anche sui viottoli, tra i sassi, in mezzo alle spine, dove essa sa trovare sempre quel terreno buono che noi non immaginiamo nemmeno. Sarebbe imperdonabile per noi sacerdoti non cogliere questa opportunità.