Prendo a prestito il titolo di un libro di don Tonino Bello pensando a questo ultimo, breve, tratto di strada che condurrà al Giubileo del 2025 dedicato proprio al tema della speranza. L’intento è unire due dimensioni contrapposte: da una parte, il sogno e il desiderio; dall’altra, la realtà e la concretezza. Ecco, allora, l’immagine della finestra, in grado di condensare gli opposti armonizzandoli. La finestra, luogo di osservazione per eccellenza, è anche il primo strumento che ci mette in comunicazione col mondo: completamente analogico non teme spegnimenti improvvisi, e il continuo variare di scenario e interazione lo rende sempre vivo. È una breccia nel muro, da cui passa la luce e attraverso cui poter parlare. Ma c’è una scelta che fa la differenza: se tenerla chiusa o aperta. La prima azione può portare all’isolamento, all’autoreferenzialità. La seconda, invece, permettere di tradurre le proprie aspirazioni in impegno quotidiano, consente di interagire con l’esterno, di incidere sulla storia personale e comunitaria. Alla finestra, dunque, ci deve essere sempre la speranza, che spalanca le ante sull’orizzonte e con la sua luce illumina tutta l’abitazione.
Vincenzo