UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Alleanza educativa contro i bulli del web

È rivolto in prima istanza ad adolescenti e giovani, il messaggio del Garante per la privacy, Antonello Soro, in oc­casione della Giornata europea del­la protezione dei dati personali, ce­lebrata il 28 gennaio. In particolare, l’atten­zione si è concentrata sul fenomeno emergente del cyberbullismo
29 Gennaio 2013
Prima di collegarti a Internet, «connetti la testa». È rivolto in prima istanza ad adolescenti e giovani, il messaggio del Garante per la privacy, Antonello Soro, in oc­casione della Giornata europea del­la protezione dei dati personali, ce­lebrata il 28 gennaio. In particolare, l’atten­zione si è concentrata sul fenomeno emergente del cyberbullismo, anche alla luce dei recenti episodi di suici­di che hanno avuto come protago­nisti giovanissimi presi di mira dai coetanei sul web. Proprio per edu­care a un uso consapevole e re­sponsabile dei social network, il Ga­rante ha messo in rete un video, un questionario da compilare e un va­demecum. Tutto questo materiale è scaricabile dal sito www.garantepri­vacy.it. «Dobbiamo fare di tutto per evitare di demonizzare l’uso della rete e dei social network – ha detto Soro –. Lungi da noi l’atteggiamento proi­bizionistico e ostile, abbiamo però il dovere di mettere in evidenza i lati oscuri della rete e allertare sugli a­spetti distorsivi. Naturalmente una grande preoccupazione è nei con­fronti della generazione più fragile, quella più esposta al trattamento il­lecito dei dati. Per questo è fonda­mentale mettere insieme l’Univer­sità, la scuola, le Regioni, le fami­glie ». Un’alleanza educativa a cui, ha ri­cordato il ministro dell’Istruzione, Francesco Profumo, il Miur parteci­pa fin dal 2007, anno in cui viale Tra­stevere lanciò una campagna contro bullismo e cyberbullismo. «Questa – ha aggiunto Profumo – potrebbe essere una nuova forma di educa­zione civica». Gli appelli a un utilizzo consapevo­le del web sono sottoscritti anche da Antonio Affinita, direttore del Movi­mento genitori (Moige), che ha in­sistito sull’urgenza di «porre delle re­gole all’interno delle varie piattafor­me di social networking».
«I siti di socializzazione – ha ag­giunto – possono rappresentare una grande opportunità, ma allo stesso tempo nascondono delle insidie so­prattutto per i più giovani. Come ge­nitori esprimiamo preoccupazione per la sicurezza dei nostri ragazzi: i social network sfuggono completa­mente a qualsiasi forma di control­lo e non consentono ai genitori di monitorare la navigazione dei figli. La scarsa attenzione dei provider nei confronti di chi è dietro lo schermo ci deve allarmare sulle possibilità che i minori possano incorrere nella trappola del cyberbullismo».
Affinita ha ribadito la necessità di «mettere in evidenza i lati oscuri del­la rete attraverso una formazione ca­pillare sul buon uso del web a parti­re proprio dai genitori, che devono essere consapevoli di ciò che i loro figli fanno su internet e avere gli stru­menti necessari per poterlo fare».
Preoccupazioni rilanciate anche dal­la Società italiana di Pediatria (Sip), che nel Rapporto sugli adolescenti, evidenzia che il 45% dei ragazzi ha subito offese e minacce su Internet o ha un amico che le ha subite. Dal­la ricerca è emerso anche che, tra i giovanissimi, otto su dieci già a tre­dici anni hanno un profilo su Face­book, e che il 17% dei ragazzi si col­lega alla rete per più di tre ore al gior­no (il 65% può farlo anche dal suo cellulare).
«Il bullismo sul web – avverte il pre­sidente dell’associazione “Labora­torio adolescenza”, Maurizio Tucci – è più pericoloso del bullismo tradi­zionale. La persecuzione mediatica non è circoscritta ad un singolo am­biente (la scuola, la palestra...) al di fuori del quale la vittima può avere un suo “riscatto” psicologicamente compensativo, ma raggiunge tutti gli “ambienti di riferimento” dell’inte­ressato ».
Le offese o le prese in giro via web, insomma, sono facilmente visibili da tutta la cerchia degli amici, an­che se si possono più facilmente na­scondere ai genitori, che, ricorda il presidente della Sip, Giovanni Cor­sello, «spesso vengono da noi diso­rientati a chiedere aiuto perché non conoscono la tecnologia e anche se colgono segnali di disagio, non rie­scono a spiegarseli». Il consiglio è quello di «farsi complici del ragazzo in una attività che non deve essere di controllo ma di supporto» che può essere fatta «dai genitori ma anche dai fratelli maggiori» e di tenere a­perto «il canale della comunicazio­ne familiare».