È quindi un po’ forzato il debutto più atteso del 2012 a Wall Street. Il social network si presenta ai mercati con numeri promettenti: dal 2009 al 2011 le entrate sono cresciute da 777 milioni a 3,7 miliardi di dollari e gli utili, nello stesso periodo, sono schizzati da 122 a 668 milioni. Chi ha investito in Facebook negli ultimi anni si aspetta che questa crescita portentosa continui. Quando, un anno fa, investì 1,5 miliardi nella società di Zuckerberg, Goldman Sachs ritenne che Facebook valesse 50 miliardi. Le ultime stime la valutano invece tra i 75 e i 100 miliardi. Con l’offerta pubblica di acquisto, che dovrebbe partire a maggio, Facebook conta di collocare una quota minoritaria (attorno al 5%) per raccogliere 5 miliardi. È un obiettivo ambizioso, se si considera che per il suo debutto al Nasdaq, nel 2004, Google piazzò l’8% per nemmeno 2 miliardi.
Se i numeri fossero confermati, potrebbe essere la maggiore Ipo (in inglese: "offerta pubblica iniziale") di sempre per una società web. Per questo analisti e investitori la guardano con attenzione e cautela. La stessa Facebook ha ammesso che la crescita della sua attività rischia di frenare perché le insidie non mancano. Uno dei più grandi timori dell’azienda è il rapporto di dipendenza con Zynga, l’azienda creatrice di giochi di successo come Farmville, che è la maggiore fonte di entrate: arrivano da Zynga il 12% dei ricavi del sito di Zuckerberg. Nel documento presentato alla Sec, Facebook ha ammesso: «Se l’utilizzo dei loro giochi sulla nostra piattaforma dovesse ridursi o se Zynga decidesse di migrare altrove i nostri conti sarebbero seriamente compromessi ». Un’altra minaccia arriva dallo sviluppo dei cellulari, perché al momento chi li usa per collegarsi non vede la pubblicità, che oggi rappresenta l’85% delle entrate del social network. Tra le insidie ci sono anche le potenzialità di sviluppo: dal 2004 Facebook è cresciuto in modo esponenziale arrivando a raggiungere un bacino di iscritti unico al mondo – 845 milioni di utenti – ma che ha ormai un ritmo di crescita limitato.
E quei 100 miliardi sono un campanello di allarme per molti analisti, che temono una nuova bolla di titoli tecnologici. Cento miliardi di dollari equivalgono infatti a 150 volte gli utili che oggi Facebook registra in un anno. Il rapporto medio tra capitalizzazione e utili dei gruppi della Silicon Valley quotati è di 27. Per arrivare a valere quanto è stata valutata oggi, Facebook dovrebbe riuscire a raddoppiare i suoi utili per i prossimi tre anni. Uno scenario possibile, ma non scontato. Non mancano però anche gli operatori di mercato che credono che Zuckerberg possa farcela. Si basano sul successo di altre storiche Ipo tecnologiche. Apple era entrata in Borsa nel 1980 con una valutazione di appena 1,9 miliardi di dollari, un valore equivalente a 25 volte i suoi ricavi e ben 102 volte i suoi utili. Oggi vale 430 miliardi. Google era stata valutata 23 miliardi di dollari, 218 volte i suoi guadagni, ma oggi vale 200 miliardi. Per capire se Facebook saprà replicare i successi di questi due giganti bisognerà attendere. Nella speranza che il troppo business e la crescente attenzione della società verso gli interessi degli inserzionisti e del mercato non abbia come controindicazione la disaffezione di milioni di utenti che ogni giorno frequentano l’universo sociale creato da Zuckerberg. E che si aspettano di trovarci solo amici.