UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Bassetti: “Educare ad un approccio critico”

«Le comunicazioni sociali sono una dimensione essenziale per la missione della Chiesa. Quindi non si tratta di considerarle un ambito, quanto piuttosto un comune denominatore che tocca ogni aspetto della vita ecclesiale», spiega l’arcivescovo di Perugia-Città della Pieve, il cardinale Gualtiero Bassetti. Nel suo ministero episcopale ha avuto sempre un’attenzione specifica alla cultura massmediale. Ed è stato uno dei primi vescovi a tradurre nel quotidiano il Direttorio Comunicazione e missione.
16 Dicembre 2014

«Le comunicazioni sociali sono una dimensione essenziale per la missione della Chiesa. Quindi non si tratta di considerarle un ambito, quanto piuttosto un comune denominatore che tocca ogni aspetto della vita ecclesiale», spiega l’arcivescovo di Perugia-Città della Pieve, il cardinale Gualtiero Bassetti. Nel suo ministero episcopale ha avuto sempre un’attenzione specifica alla cultura massmediale. Ed è stato uno dei primi vescovi a tradurre nel quotidiano il Direttorio Comunicazione e missione.
Lo ha fatto nella diocesi di Arezzo-Cortona- Sansepolcro che ha guidato per quasi undici anni, fino al 2009, dove ha lanciato la figura dell’animatore della comunicazione e della cultura, proposta dal Direttorio, formandone circa quaranta con due anni di corsi. «Tanto che siamo diventati una sorta di laboratorio nazionale», ricorda il cardinale che a Perugia continua sulla stessa scia seppur con risultati da affinare.
Il suo input parte dall’esperienza di pastore. «I media non sono soltanto catalizzatori di messaggi, ma producono una nuova cultura. E da essi non possiamo prescindere per essere una Chiesa che “ha l’odore delle pecore” e vive fra la gente, come ci chiede papa Francesco ». Bassetti indica due direttrici. «Da una parte, la comunità ecclesiale non può dirsi estranea al mondo della comunicazione. Ci deve essere dentro. Per questo vanno valorizzati i nostri mezzi d’ispirazione cattolica. Penso al ruolo essenziale di Avvenire, Tv2000, radio InBlu, l’agenzia Sir che raccontano la società con uno sguardo che è “altro”, danno voce a chi non ce l’ha e sono chiamati non tanto a narrare quanto avviene nei palazzi, compresi le Curie, quanto a valorizzare i preziosi germogli di vita illuminata dal Vangelo che dal basso, spesso nel silenzio, le nostre comunità fanno crescere. Altrettanto prezioso è il contribuito dei settimanali diocesani e delle nostre emittenti radiofoniche e televisive locali che stanno attraversando un frangente complesso e che non possono essere abbandonate a loro stesse».
Ma c’è bisogno di un ulteriore passo. Ed è la seconda strada che sta a cuore al cardinale. «Ce la presenta proprio il Direttorio. Oltre ad abitare la cultura massmedia, essa va decifrata. Ecco l’animatore della comunicazione e della cultura che nelle nostre parrocchie dovrebbe affiancare il catechista, l’operatore Caritas o l’animatore liturgico. Mi pare, invece, che sia rimasto ai margini. Oggi una parrocchia può essere impegnata a creare il suo sito o essere presente sui social network. Sono esperienze interessanti, ma occorre avere sacerdoti, religiosi e laici formati che sappiano comprendere i linguaggi dei media e che aiutino le comunità a interpretarli. Serve educare a un approccio consapevole e critico nei confronti dei contenuti e dei mezzi di comunicazione. Del resto oggi il popolo di Dio parla con questo “dizionario”. Soltanto così potremo essere “Chiesa in uscita”. Lo aveva ben compreso, con lungimiranza, il Concilio con il decreto Inter Mirifica che dovremmo riprendere in mano». Bassetti ricorda che la Chiesa è tenuta a leggere i segni dei tempi anche nel campo comunicativo. «Da sant’Agostino, che applicava alla trasmissione della fede i concetti della retorica classica, a san Gregorio Magno, che raccomandava ai predicatori i principi della comunicazione umana come parte essenziale dell’opera pastorale, sino all’invenzione della stampa e all’alfabetizzazione delle nostre genti, la comunità ecclesiale ha tenuto presente questo imperativo: annunciare il Vangelo con il linguaggio del tempo. E oggi, nonostante i possibili rischi di banalizzazione, manipolazione o spettacolarizzazione delle verità di fede, le relazioni si costruiscono anche attraverso i media e le reti sociali da cui passa la cultura dell’incontro».