UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Bernabei e la tv:
“Cattolici, al lavoro!”

Ettore Bernabei, Presidente onorario della "Lux Vide" compie 90 anni e si racconta ad Avvenire. E lunedì pomeriggio, nel giorno del suo compleanno, terrà una lectio magistralis presso la Pontificia Università Lateranense.
13 Maggio 2011
«La visione illuminista spesso ha falsato la sto­ria come la falsò in Urss l’ Enciclopedia sovietica. Il risultato è che questo mondo, a cominciare dalla tv, non crede più in Dio. Poi, a causa della libecciata del ’68, che è entrata persino nella Chiesa, i maestri non sono stati più gli stes­si ». Ettore Bernabei insiste sulla tv e sui maestri. Il suo studio, nella ca­sa di Roma, è immagine viva di en­trambe le cose. I libri, molti di pen­satori cattolici del ’900, si affianca­no a numerose immagini sacre e ai dvd che deve visionare per nuove fiction televisive. E fra le tante fo­tografie di famiglia ne spiccano due con dedica di Giovanni Paolo II e di Giovanni XXIII. C’è una foto con Fanfani, che nel 1960 lo volle a gui­dare la Rai, una con La Pira, due di tutta la famiglia (otto figli) con Pao­lo VI e Bendetto XVI. Solitario, in bella evidenza, il primo piano di un sacerdote in bianco e nero. Lui, no­tando l’interesse del giornalista, sottolinea: «È don Raffaele Benzi».

 
 
Un amico?
 «Un maestro. Mi ha preparato alla prima comunione. Così come ha preparato don Milani (convertito dall’ebraismo) al battesimo, se­guendolo sulla strada del sacerdo­zio. Mi ha preparato alla cresima, che ho ricevuto da un grande co­me il cardinale Elia Dalla Costa. Don Benzi era amico di Montini, con cui condivideva la passione per i pensatori cattolici francesi fra ’800 e ’900. Ero un adolescente quando mi diede da leggere l’Umanesimo integrale di Maritain... I miei mae­stri: una grazia di Dio».
 
Cosa ha significato per la sua vita?
«Semplicemente che grazie a loro non mi fu difficile capire gli errori dell’illuminismo, del comunismo, del fascismo. Ho compreso subito quali fossero le radici sbagliate del nostro tempo. Chi, molto più tardi di me, ha avuto la sfortuna di esse­re all’università nel periodo del ’68 o, ancora dopo, ha avuto come in­segnanti i figli del ’68, ha subìto le ideologie senza difese. Oggi le con­seguenze si vedono tutte».
 
E la televisione?
«Negli anni ’50 la Dc capì quali sa­rebbero stati i rischi se il mezzo non fosse stato usato per il bene co­mune, ma al servizio delle ideolo­gie. Per questo la Dc volle che lo Stato si facesse carico di gestire la tv. Se la Rai ha avuto dei meriti lo si deve a questa impostazione. Per noi era servizio pubblico».
 
Poi gli interessi economici sono prevalsi su tutto.
«Non solo. Nella tv è arrivata, in an­ticipo sul resto del Paese, quella de­regulation poi attuata nella finan­za, nell’economia... Un’abolizione delle regole che ci ha portato alla crisi attuale, che si presenta sem­pre più grave. Inutile accusare i ti­toli spazzatura, la disonestà dei sin­goli... Si tratta di una crisi che ha radici ideologiche».
 
Sta parlando dei primi anni Ottanta?
«Il primo esperimento di deregu­lation è iniziato quando i sociali­sti al governo imposero alla Dc che non venisse fatta alcuna regola­mentazione della tv privata. A o­gni crisi di governo, Craxi ripeteva la stessa cosa: 'Sono disposto a fa­re il miglior governo, ma senza le regole per le tv private'. Non riu­scirono a impossessarsi della pro­grammazione Rai perché gli ope­ratori cattolici erano tanti, più bra­vi e si opposero».
 
Dieci anni dopo arriva Tangen­topoli...
«...e in Rai arrivano i Professori. Di­cono che i conti sono in rosso e che non pagheranno le tredicesime. Fu il pretesto per mandare a casa 1200 dirigenti di fascia medio-alta. Qua­si tutti cattolici. Un caso di pulizia etnica, ma nessuno ha protestato. La cosiddetta Seconda Repubblica si è presentata così. È inutile con­tinuare a prendersi in giro. I catto­lici devono averne contezza e im­pegnarsi per un cambiamento».
 
Ha una ricetta per il come?
«La ricetta l’ha fornita più volte Be­nedetto XVI e l’ha ribadita qualche giorno fa alla Chiesa di Aquileia: 'Raccomando l’impegno a susci­tare una nuova generazione di uo­mini e donne capaci di assumersi responsabilità dirette nei vari am­biti del sociale, in modo particola­re in quello politico. Esso ha più che mai bisogno di vedere perso­ne, soprattutto giovani, capaci di edificare una vita buona a favore e al servizio di tutti. A questo impe­gno non possono sottrarsi i cri­stiani'. Ecco, sono convinto che sia tempo di mettere in pratica queste cose. I cattolici si devono impe­gnare per formare una nuova clas­se dirigente».
 
Si comincia dalla politica?
«Per prima cosa si deve comincia­re dalla comunicazione. C’è biso­gno urgente di comunicatori bra­vi, più bravi degli altri, che credo­no in Dio, che hanno studiato, che sono disposti a sacrificarsi per di­ventare bravi registi, sceneggiato­ri, giornalisti, presentatori... Poi bi­sogna formare giovani imprendi­tori che non si limitino a dire bene delle encicliche sociali, ma che fac­ciano imprenditoria sociale. Poi viene la politica, perché non c’è dubbio che la politica debba ri­prendere il primato su finanza ed economia».
 
Un impegno difficile, che richiede d’essere messo subito in cantiere.
«E senza nascondersi dietro ad a­libi. Basta con le domande del tipo: e la Chiesa cosa fa? Bisogna dire: noi cattolici cosa facciamo? Dove siamo? Basta dire: di questa tv non se ne può più. Bisogna farne una migliore. Ed è possibile farlo. Lo di­ce la mia piccola esperienza con la Lux Vide. E sono ottimista. Quan­do fui nominato in Rai andai a Bo­logna dal cardinale Lercaro, che e­ra amico di La Pira. Gli dissi che non sapevo da dove cominciare. Lui rispose: 'Ci sono due cose per me che non sono più oggetto di fe­de, perché le ho viste con i miei oc­chi: la grazia di stato che viene da­ta a coloro che hanno responsabi­lità e si impegnano in cose utili; la Provvidenza che interviene sem­pre'. La Provvidenza ci ha dato i grandi media. Le tentazioni demo­niache hanno avuto buon gioco su di essi, ma i cattolici devono esse­re convinti che è dai media che può venire la grande spinta alla ricon­sacrazione dell’umanità».
 
Intervista di Roberto I. Zanini
(da Avvenire del 13 maggio 2011, pag. 30)