UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

C'è qualcosa
che all'Auditel sfugge…

"Sarebbe una contraddizione inaccettabile che chi ha salutato quasi fosse un approdo di libertà l’avvento del digitale terrestre pretendesse ora di congelare un sistema di misurazione grossolano e fin troppo empirico." Lo afferma il direttore di Tv2000 nella sua newsletter settimanale.
7 Novembre 2011
Cari Amici,

se dicessimo che nello scenario televisivo nazionale tutto scorre placido e tranquillo, diremmo una grande sciocchezza. L’operazione Santoro, illustre fuoriuscito dai grandi network e divenuto lui stesso − con il suo nuovo programma, e grazie all’abilità di Parenzo − collante di 25 televisioni «regionali», e ugualmente il crollo dell’audience (accidentale? definitivo?) finora registrato per la dodicesima edizione del Grande Fratello, sono qualcosa di più di semplici segnali. Pur limitandoci a questi soli. Se infatti si tiene a mente che, per le misurazioni condotte dal duo Grasso-Scaglioni, nella prima metà del mese di ottobre la tv generalista ha perso − rispetto ad un anno fa − il 6 per cento circa dello share in prima serata, si intuisce chiaramente che è in corso qualcosa di più di un semplice assestamento. Qual cosa che, ben inteso, potrebbe – a saldo − non risultare necessariamente punitivo nei riguardi delle grandi maison che nel nostro Paese hanno fatto la storia della televisione. Non a caso infatti, queste da tempo si stanno attrezzando alla bisogna per far fronte alle attese sempre più sofisticate di una parte crescente di pubblico. Ciò che piuttosto pare fin d’ora utile segnalare riguarda il rischio di un crescente divario che è in incubazione in seno alla platea televisiva tra chi, mobile di pensieri e gusti, sa manovrare fino al virtuosismo il telecomando e chi invece continua a farne un uso inesorabilmente monotono e conservativo, compulsando sempre gli stessi numeri, ossia i medesimi canali, e senza mai arrischiarsi – nonostante la scontentezza che pur denuncia − al di fuori del recinto straconosciuto. La perorazione simpatica ma pur sempre retrò che un importante quotidiano nazionale ha ne i giorni scorsi pubblicato a firma di un cittadino spaventato dalle novità dello switch off finalmente in arrivo anche nella propria regione, è un episodio che a sua volta si iscrive su questo versante. Che fare allora? È evidente che occorre individuare modalità congrue per una generale rassicurazione circa i benefici accordati dal nuovo sistema, e − all’interno di questo − incoraggiare l’esperimento delle uscite in libertà rispetto ai palinsesti già abbondantemente praticati. Saper vincere le abitudini è in questo senso un vantaggio; appena dietro l’angolo infatti si annunciano panorami che meritano di essere indagati. Guai, dunque, se solamente le persone smaliziate sapessero approfittare del nuovo che è pagato con il contributo di tutti. Nuove sacche di povertà culturale si creerebbero, accanto − o in sovrapposizione − a quelle già decretate dal web. Semmai occorrerà che quanto prima il sistema di misurazione, che fin qui ha assicurato una sostanziale pax televisiva, venga prontamente affinato e dettagliato, così da saper rispondere a nuove domande, consentendo al sistema stesso anche di interpretarle. Sarebbe una contraddizione inaccettabile che chi ha salutato quasi fosse un approdo di libertà l’avvento del digitale terrestre segnasse ora resistenza, pretendendo di congelare un sistema di misurazione grossolano e fin troppo empirico. Ben altro consentono i costosi apparecchi tv che sono oggi nelle case degli italiani.