UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Chi è il mio prossimo?

Il Vice Direttore dell'Ufficio Nazionale per le comunicazioni sociali commenta il Messaggio di Bendetto XVI per la XLV Giornata mondiale delle comunicazioni sociali.
24 Gennaio 2011
“Chi è il mio prossimo?”. Al dottore della legge, Gesù risponde con la parabola più graffiante del Vangelo. Narra di uno straniero – un samaritano – che a differenza di altri, forse anche più titolati, ha evitato di passare oltre rispetto a quell’uomo spogliato dai briganti.
 
“Chi è il mio prossimo?”. La domanda riaffiora nel Messaggio del Papa per la XLV Giornata mondiale delle comunicazioni sociali. Il contesto è cambiato, alle vie polverose della Palestina sono subentrate autostrade digitali, lungo le quali corre non solo il traffico delle informazioni, ma anche la possibilità di condividere pezzi di vita, visioni del mondo, speranze e ideali.
Nel tempo dell’interattività non si è più soltanto fruitori: il web oggi offre incredibili forme di partecipazione, consente di entrare in contatto, di esprimere la propria opinione, di postare con facilità un’immagine, un video girato con il proprio telefonino, un file audio, un link… Questo ambiente collega tra loro i contenuti e ne estende il valore e il significato; si popola di forme nuove di relazione interpersonale, grazie – sottolinea il Messaggio – al “coinvolgimento sempre maggiore nella pubblica arena digitale, quella creata dai cosiddetti social network”.
Non che l’incontro sia scontato: oggi come ieri perdura il rischio di “vedere e passare oltre”. In Rete si può lasciarsi assorbire energie e tempo in maniera sproporzionata; si può finire prigionieri del proprio passato digitale, gestendo superficialmente la propria privacy; si può ridursi a misurare la verità con il suo indice di popolarità, quindi sulla base della “quantità di attenzione che riceve”; si può “cedere all’illusione di costruire artificialmente il proprio «profilo» pubblico”.
Di qui gli interrogativi del Papa: “Esiste il pericolo di essere meno presenti verso chi incontriamo nella nostra vita quotidiana ordinaria? Esiste il rischio di essere più distratti, perché la nostra attenzione è frammentata e assorta in un mondo «differente» rispetto a quello in cui viviamo? Abbiamo tempo di riflettere criticamente sulle nostre scelte e di alimentare rapporti umani che siano veramente profondi e duraturi?”
Rischi e pericoli non devono comunque portare alla rinuncia della responsabilità e della bellezza del viaggio: messi da parte pregiudizi e riserve, le potenzialità della Rete diventano spazio per stare in contatto e curare le relazioni; sono, come osserva Benedetto XVI, modalità per “mantenere vive le eterne domande dell'uomo, che testimoniano il suo desiderio di trascendenza e la nostalgia per forme di vita autentica”.
Ogni strada del mondo scende ancora da Gerusalemme a Gerico e non smette di interpellare a sentirsi partecipi di ciò che vi accade. Su ogni strada è possibile proporre la vita buona del Vangelo, articolandola – come nel caso del samaritano – attorno a dieci verbi: vide, ne ebbe compassione, gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino, lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo, si prese cura di lui, tirò fuori due denari, s’impegnò a ritornare. A ciascuno, anche nell’era digitale, è affidato il compito di tradurre questo decalogo per una terra finalmente abitata da fratelli.