Ne sono assorbiti e manipolati. No, sanno destreggiarsi con abilità insospettata. Il guaio di noi adulti: diffidare di ciò che non conosciamo, e quindi ci spaventa, tendendo quindi a proibirlo ai ragazzi. Il guaio dei ragazzi: sono troppo ingenui e indifesi. Eccetera. Sono solo alcuni esempi di ciò che tendiamo a pensare del rapporto tra ragazzi (spesso i figli) e i media. E probabilmente nessuna di queste posizioni può essere giudicata del tutto corretta e produttiva. Il problema è che ne sappiamo pochissimo, perché i due mondi - degli adulti e dei giovani - si sfiorano appena, anzi non si toccano proprio, con una conseguente reciproca diffidenza. A colmare almeno in parte questo gap c'è la recente ricerca «Rapporto giovani-media» del Centro Family & Media della Pontificia Università della Santa Croce, curata da Norberto Gonzalez Gaitano.
Tema vastissimo. La ricerca non seleziona un campione sociologicamente rappresentativo degli adolescenti italiani, non ricorre né a questionari né a interviste. La tecnica è diversa. Preferisce esplorare alcuni gruppi, anche molto piccoli (tra i quattro e i dieci soggetti ogni volta), e farli giocare e discutere, in genere senza far loro sapere gli scopi dei ricercatori, per non minare la genuinità di risposte e reazioni. Gli adolescenti - circa 100 tra i 14 e i 20 anni di quattro città italiane - sono stati reclutati negli oratori tra gli animatori dei Grest. La prima obiezione è ovvia: sono giovani che in larga parte appartengono a gruppi ecclesiali e quindi seguono un cammino formativo, insomma appartengono a una minoranza... In realtà molti loro atteggiamenti si riveleranno identici a quelli del mainstream. E comunque l'obiettivo della ricerca era di esplorare il rapporto con i media, le modalità di fruizione, i meccanismi, non di giungere a conclusioni onnicomprensive. Potremmo aggiungere: l'obiettivo di Family & Media è provocare gli adulti, facendo loro aprire gli occhi. In particolare, offrire una guida e un orientamento teorico e pratico a insegnanti, educatori e genitori, in vista della «formazione del carattere e delle virtù». E per questo obiettivo i giovani animatori dei Grest funzionano benissimo.
I 'giochi' hanno riguardato, ad esempio, un vero e proprio videogioco, Privacy Traders. Scopo del gioco: raccogliere più dati possibile sulle persone che si hanno attorno. Scopo dell'esperimento: comprendere come gli adolescenti stanno nei social, quando ricorrono all'anonimato o alla menzogna, quanto sono vulnerabili agli 'assalti' dei malintenzionati. Conclusione: sono molto meno indifesi di quanto probabilmente pensino gli adulti ma non si interrogano sulla natura dei social, del perché ad esempio siano gratuiti e non chiedano nulla in cambio, all'apparenza... Un altro esperimento ha riguardato la fiction Braccialetti rossi con i suoi temi: amicizia, dignità umana, famiglia, solidarietà, esistenza dell'anima, innamoramento, libertà e regole.
Le conclusioni? «Piuttosto che cambiare l'approccio degli adolescenti ai media - scrive Fabrizio Piciarelli - va cambiato quello degli educatori, che non hanno più motivo per vederli come una distrazione ma come un nuovo strumento per la cura di softskill e virtù» e, se si condivide questa passione, un modo in più per avvicinarsi al mondo dei ragazzi e di non essere percepiti come «adulti estranei». Il Web, quindi, non come «universo virtuale» ma come «dimensione ulteriore delle nostre esistenze, reale quanto il mondo materiale; invasiva, a volte, oltre il desiderabile, ma ormai irrinunciabile».
(Umberto Folena)
da Avvenire del 15 maggio 2018, pag. 28