UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Comunichiamo una Chiesa casa per tutti

Papa Fran­cesco ha parlato ai partecipanti all’Assemblea plenaria del Ponti­ficio Consiglio delle comunicazio­ni sociali sul tema «La rete e la Chiesa». Dal Papa l'invito ad incontrare gli uomini e le donne di oggi, anche negli ambiti creati dalle nuove tecnologie per fare emergere una presenza che ascolta dialoga, incoraggia.
 
23 Settembre 2013
Ecco il testo del discorso pronun­ciato il 21 settembre da papa Fran­cesco nell’udienza ai partecipanti all’Assemblea plenaria del Ponti­ficio Consiglio delle comunicazio­ni sociali sul tema «La rete e la Chiesa».

Cari fratelli e sorelle, buon­giorno! Vi saluto tutti e vi ringrazio per il servizio che svolgete in un settore importante, quello della comunicazione, ma dopo aver sentito mons. Celli de­vo cancellare 'settore'… una 'di­mensione esistenziale' impor­tante… Ringrazio monsignor Claudio Maria Celli per il saluto che mi ha rivolto anche a nome vostro. Vorrei condividere con voi alcuni pensieri.

1. Primo: l’importanza della co­municazione per la Chiesa . Que­st’anno ricorrono i 50 anni del­l’approvazione del decreto conci­liare Inter mirifica. Non si tratta solo di un ricordo; quel Docu­mento esprime l’attenzione della Chiesa alla comunicazione e ai suoi strumenti, importanti anche in una dimensione evangelizza­trice. Ma agli strumenti della co­municazione; la comunicazione non è uno strumento! È un’altra cosa… Negli ultimi decenni i mez­zi di comunicazione si sono mol­to evoluti, ma questa sollecitudi­ne rimane, assumendo nuove sen­sibilità e forme. Il panorama co­municativo è diventato a poco a poco per molti un 'ambiente di vita', una rete dove le persone co­municano, dilatano i confini del­le proprie conoscenze e delle pro­prie relazioni (cfr Benedetto XVI, Messaggio per la Giornata mon­diale delle comunicazioni sociali 2013 ). Sottolineo soprattutto que­sti aspetti positivi, nonostante sia­mo tutti consapevoli dei limiti e dei fattori nocivi che pure esisto­no.

2. In questo contesto - ed ecco il secondo pensiero - ci dobbiamo domandare: che ruolo deve avere la Chiesa con le sue realtà opera­tive e comunicative? In ogni si­tuazione, al di là delle tecnologie, credo che l’obiettivo sia quello di sapersi inserire nel dialogo con gli uomini e le donne di oggi , Sapersi inserire nel dialogo con gli uomi­ni e le donne di oggi, per com­prenderne le attese, i dubbi, le speranze. Sono uomini e donne a volte un po’ delusi da un cristia­nesimo che a loro sembra sterile, in difficoltà proprio nel comuni­care in modo incisivo il senso profondo che dona la fede. In ef­fetti, noi assistiamo, proprio oggi, nell’era della globalizzazione, ad una crescita del disorientamento, della solitudine; vediamo diffon­dersi lo smarrimento circa il sen­so della vita, l’incapacità di fare ri­ferimento ad una 'casa', la fatica di intessere legami profondi. È im­portante, allora, saper dialogare, entrando, con discernimento, an­che negli ambiti creati dalle nuo­ve tecnologie, nelle reti sociali, per far emergere una presenza, una presenza che ascolta, dialoga, in­coraggia. Non abbiate timore di essere questa presenza, portando la vostra identità cristiana nel far­vi cittadini di questo ambiente. U­na Chiesa che accompagna il cammino, sa mettersi in cammi­no con tutti! E anche c’è un’anti­ca regola dei pellegrini, che Sant’I­gnazio assume, per questo io la conosco! In una delle sue regole dice che quello che accompagna un pellegrino e che va col pelle­grino, deve andare al passo del pellegrino, non più avanti e non ritardare. E questo è quello che vo­glio dire: una Chiesa che accom­pagna il cammino e che sappia mettersi in cammino, come cam­mina oggi. Questa regola del pel­legrino ci aiuterà a ispirare le co­se.

3. Il terzo: è una sfida quella che tutti noi affrontiamo insieme, in questo contesto comunicativo, e la problematica non è principal­mente tecnologica. Ci dobbiamo domandare: siamo capaci, anche in questo campo, di portare Cri­sto, o meglio di portare all’incon­tro di Cristo? Di camminare col pellegrino esistenziale, ma come camminava Gesù con quelli di Emmaus, riscaldando il cuore, fa­cendo trovare loro il Signore? Sia­mo capaci di comunicare il volto di una Chiesa che sia la 'casa' per tutti? Noi parliamo della Chiesa con le porte chiuse. Ma questo è più che una Chiesa con le porte a­perte, è più! Trovare insieme, fare 'casa', fare Chiesa, fare 'casa'. Chiesa con le porte chiuse, Chie­sa con le porte aperte. È questo: in cammino fare Chiesa. Una sfi­da! Far riscoprire, anche attraver­so i mezzi di comunicazione so­ciale, oltre che nell’incontro per­sonale, la bellezza di tutto ciò che è alla base del nostro cammino e della nostra vita, la bellezza della fede, la bellezza dell’incontro con Cristo. Anche nel contesto della comunicazione serve una Chiesa che riesca a portare calore, ad ac­cendere il cuore. La nostra pre­senza, le nostre iniziative sanno rispondere a questa esigenza o ri­maniamo tecnici? Abbiamo un te­soro prezioso da trasmettere, un tesoro che porta luce e speranza. Ce n’è tanto bisogno! Ma tutto ciò esige un’attenta e qualificata for­mazione, di sacerdoti, di religiosi, di religiose, laici, anche in questo settore. Il grande continente digi­tale non è semplicemente tecno­logia, ma è formato da uomini e donne reali che portano con sé ciò che hanno dentro, le proprie spe­ranze, le proprie sofferenze, le proprie ansie, la ricerca del vero, del bello e del buono. C’è bisogno di saper indicare e portare Cristo, condividendo queste gioie e spe­ranze, come Maria che ha porta­to Cristo al cuore dell’uomo; c’è bisogno di saper entrare nella nebbia dell’indifferenza senza perdersi; c’è bisogno di scendere anche nella notte più buia senza essere invasi dal buio e smarrirsi; c’è bisogno di ascoltare le illusio­ni di tanti, senza lasciarsi sedurre; c’è bisogno di accogliere le delu­sioni, senza cadere nell’amarezza; di toccare la disintegrazione altrui, senza lasciarsi sciogliere e scom­porsi nella propria identità (cfr Di­scorso all’episcopato del Brasile, 27 luglio 2013, 4). Questo è il cam­mino. Questa è la sfida.

È importante cari amici, l’at­tenzione e la presenza della Chiesa nel mondo della co­municazione, per dialogare con l’uomo d’oggi e portarlo all’in­contro con Cristo, ma l’incontro con Cristo è un incontro persona­le. Non si può manipolare. In que­sto tempo noi abbiamo una gran­de tentazione nella Chiesa, che è l’'acoso' [molestia] spirituale: manipolare le coscienze; un la­vaggio di cervello teologale, che alla fine ti porta a un incontro con Cristo puramente nominalistico, non con la Persona di Cristo Vivo. Nell’incontro di una persona con Cristo, c’entra Cristo e la persona! Non quello che vuole l’ingegnere spirituale che vuol manipolare. Questa è la sfida. Portarlo all’in­contro con Cristo nella consape­volezza, però, che noi siamo mez­zi e che il problema di fondo non è l’acquisizione di sofisticate tec­nologie, anche se necessarie ad u­na presenza attuale e valida. Sia sempre ben chiaro in noi che il Dio in cui crediamo, un Dio appassio­nato per l’uomo, vuole manife­starsi attraverso i nostri mezzi, an­che se sono poveri, perché è Lui che opera, è Lui che trasforma, è Lui che salva la vita dell’uomo.

E la nostra preghiera, di tutti, per­ché il Signore riscaldi il nostro cuore e ci sostenga nell’affasci­nante missione di portarlo al mondo. Mi raccomando alle vo­stre preghiere, perché anche io ho questa missione, e volentieri vi do la mia benedizione.

Papa Francesco