Sarà stato l’alto livello delle relazioni, apprezzato da tutti, oppure l’inedito mix di responsabili di uffici e media diocesani con un consistente numero di animatori della cultura e della comunicazione, attenti ai risvolti pratici di quel che si ascoltava: sta di fatto che le tre giornate di Macerata vengono indubbiamente archiviate come un successo. Il tema «Abitanti digitali» ha spronato nei relatori e nella platea il senso di una responsabilità più grande, l’invito a uno sguardo più largo sull’universo dei media, sulla comunicazione multimediale e sulle persone che nella «mediasfera» attendono di incontrare presenze credibili e autentiche. Cristiani che abitino l’era digitale standoci a proprio agio.
Il vescovo Giuliodori: «Più occasioni che rischi Ma serve competenza»
«La rivoluzione digitale è penetrata con forza nell’intero vissuto ecclesiale». E forse era inevitabile, spiega il vescovo di Macerata-Tolentino Recanati-Cingoli-Treia, Claudio Giuliodori, presidente della Commissione episcopale per la cultura e le comunicazioni sociali. Perché «una caratteristica del digitale è proprio la sua pervasività». È lui che ha concluso il Convegno della Cei «Abitanti digitali» ospitato nella sua diocesi da giovedì a sabato scorsi. In 280 fra direttori degli Ufficio diocesani per le comunicazioni sociali, operatori dei media cattolici e responsabili dei siti hanno partecipato all’incontro. E a loro Giuliodori chiede di essere ponte fra il mondo dei media e la pastorale ordinaria. «Va favorita la sinergia fra l’ufficio comunicazioni sociali e gli altri uffici diocesani.
L’ambiente digitale può aprire orizzonti straordinari se i diversi ambiti della pastorale sono legati da un’effettiva collaborazione e se c’è una formazione che aiuti a essere più preparati». Un esempio? «La catechesi non può essere pensata al di fuori del contesto mediatico visto l’assorbimento che il digitale ha nei confronti dei ragazzi. Così catechisti e operatori pastorali hanno bisogno di competenze che proprio l’ufficio comunicazioni sociali può offrire». Questo per dire che «il digitale presenta più opportunità che rischi per la comunità cristiana». Certo, la vera sfida è quella dell’annuncio. «L’evangelizzazione – afferma Giuliodori – trova nei media un prezioso territorio di incontro con l’uomo: da quello della strada a quello di cultura. Di fatto siamo davanti a un potenziale da cui la missione della Chiesa può trarre significativi benefici, anche se occorre mettere in guardia dalla frammentazione e dalla dispersione che un ambiente così vasto e multiforme porta con sé». Una strada che argini eventuali derive è rappresentata dallo «scambio fra le generazioni», suggerisce il vescovo. «Chi viene dalla stagione dei media tradizionali e ha acquisito saggezza e sapienza è chiamato ad aiutare i 'nativi digitali' a non rimanere sommersi dentro questo nuovo spazio. Serve sapersi muovere con intelligenza ed equilibrio per evitare di perdere, fra i dispositivi digitali, lo specifico umano con la sua dimensione spirituale e interiore».
Chiara Giaccardi: «Dialogo e voci credibili: ecco come farsi ascoltare»
«Muoversi da cattolici nella Rete non significa agire come agenti di marketing che tentano di piazzare la fede quasi fosse un prodotto di consumo o uno dei tanti messaggi che far circolare». Sgombra il campo da qualsiasi equivoco Chiara Giaccardi, docente di sociologia e antropologia dei media all’Università Cattolica di Milano. A lei si deve la ricerca sui «nativi digitali» e la loro identità che è stata presentata al Convegno di Macerata e da cui emerge un’apertura del 'popolo' giovane della Rete alla sfera religiosa (oltre la metà di coloro che hanno risposto al questionario si dichiara credente). «Di fronte a questa disponibilità che spesso è latente o implicita – afferma la ricercatrice – l’invito ad ascoltare una voce diversa nel web può essere lanciato. Anzi, ritengo che sono molti i luoghi virtuali in cui questa proposta può trovare casa».
Certo, c’è bisogno di conoscere le caratteristiche dello spazio digitale. «E questo sforzo – spiega Giaccardi – è stato fatto proprio a Macerata con risultati importanti.
Nel Convegno è stato ben evidenziato che si tratta di un ambiente convergente, in cui è fondamentale la relazione personale». Ed ecco quale consiglio. «Per avvicinarsi ai ragazzi del web occorre muoversi come singoli e non tanto come istituzione. Poi sono essenziali figure che, all’interno della Rete, si siano conquistate credibilità e autorevolezza senza, tuttavia, essere distanti. Potremmo chiamarle 'opinion leader' online perché sono punti di riferimento ma, al tempo stesso, non vengono percepite come lontane. Di fatto sono l’espressione migliore dello spirito del gruppo. E identificarle contribuisce a entrare in sintonia con quella generazione che è sempre connessa». Così anche su Internet potrà entrare la riflessione. «La dimensione del dialogo e dell’interattività è uno stimolo alla riflessività collettiva: laddove le posizioni sono molteplici e si confrontano, è possibile intraprendere percorsi comuni di elaborazione di significato. In ogni caso, tutto ciò avverrà a patto che non si rimanga totalmente immersi nella logica del dispositivo. Perciò è opportuno prendersi qualche pausa: è il 'silenzio digitale' che permette di non essere coinvolti nel continuo gioco fra stimolo e risposta che la Rete ci richiede».