Le tecnologie di comunità possono essere integrate in modo efficace anche nel lavoro pastorale delle realtà ecclesiali? A rispondere – affermativamente – è Marco Rondonotti nel libro “Connessioni comunitarie” (Edizioni Scholé), frutto del percorso di dottorato di ricerca in Scienze della Persona e dell'Educazione all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.
Nella prima parte del testo, l’autore interpella le scienze umane per raccogliere spunti di riflessione sul tema della “comunità”. A seguito della pandemia, in particolare, si è percepita l’importanza di soffermarsi su questioni quali la dimensione della partecipazione e le condizioni che rendono possibile la pratica del dialogo. In quest’ottica, vivere le “tecnologie di comunità” (paradigma proposto da Pier Cesare Rivoltella, fondatore del Cremit) significa progettare azioni che vedono i media non solo come strumenti ma anche come ambienti e, soprattutto, come tessuto connettivo capace di sostenere le relazioni in contesti informali e formali.
La seconda parte del volume presenta i risultati di una sperimentazione, condotta sul territorio nazionale, da cui emerge la vivacità dei contesti parrocchiali, la loro disponibilità a un’innovazione per alcuni versi “scomoda” nella misura in cui ha chiesto di mettere in discussione le pratiche ordinarie. Un atteggiamento molto importante da coltivare in un tempo di grandi e veloci cambiamenti.
“Le tecnologie di comunicazione, già a partire dalla Parola e dalla Scrittura, sono sempre in qualche modo anche tecnologie pastorali. E in quanto tecnologie pastorali rappresentano un prezioso strumento per stabilire e mantenere connessioni all'interno della comunità. Questo libro – scrive Rivoltella nella Prefazione - ha il merito di farlo vedere molto bene indicando agli operatori cifre e spazi della ricerca e dell'intervento”.