UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

CONSIGLIO PERMANENTE. Dichiarazione di Mons. Pompili del 29 marzo 2011

Ufficio Nazionale per le comunicazioni sociali - Sono stati molti gli interventi che hanno fatto seguito alla prolusione del Presidente, di cui è stato apprezzato l’approccio generale e, in particolare, la trattazione di alcuni temi come lo specifico contributo della Chiesa al nostro Paese e la richiesta di abbandono delle armi con l’avvio di una […]
29 Marzo 2011

Ufficio Nazionale per le comunicazioni sociali -

Sono stati molti gli interventi che hanno fatto seguito alla prolusione del Presidente, di cui è stato apprezzato l’approccio generale e, in particolare, la trattazione di alcuni temi come lo specifico contributo della Chiesa al nostro Paese e la richiesta di abbandono delle armi con l’avvio di una soluzione diplomatica per la questione libica.
Sullo specifico dell’azione ecclesiale è stata valorizzata da più di uno dei Vescovi l’immagine delle parrocchie “come palestre dello Spirito”, dove “avvengono miracoli perché si cerca il Signore”. L’attività pastorale, dunque, non è “una distesa polverosa di fatti burocratici che si ripetono”, ma “una serie provvidenziale di eventi che aiutano le persone ad uscire dall’individualismo”, ripartendo dalla realtà. Per far questo – è stato sottolineato – si richiede anche uno sforzo di pensiero che tragga spunto dalla rivelazione cristiana. Solo un discernimento attento che faccia perno sulle categorie cristiane di fondo evita di andare a rimorchio dei luoghi comuni o dei pregiudizi più diffusi, facendosi interpreti di un giudizio originale e controcorrente. Così, ad esempio, il problema demografico è un segno dell’erosione antropologica che dovrà mettere in conto non solo politiche familiari più attente, ma anche una cultura della vita più diffusa. Analogamente, sulla delicata questione dell’immigrazione, la pace e l’accoglienza risultano strettamente collegate: ci si apre all’una, solo se si è aperti anche all’altra. La necessità di una nuova stagione di inclusione sociale che porti al riconoscimento degli immigrati come cittadini, soggetti di diritti e di doveri, è un obiettivo che non potrà essere ulteriormente dilazionato.
Il decennio appena avviato sarà l’occasione non tanto per riflessioni accademiche sull’educare quanto piuttosto per concrete esperienze educative che sappiano valorizzare l’ordinarietà della vita ecclesiale per una rinnovata stagione di evangelizzazione.

Ufficio Stampa