Fare rete, connettere le realtà locali per iniettare nella società buona comunicazione, ovvero l' antidoto al veleno delle fake news distillato ogni giorno sui social, ma anche su tanti media 'tradizionali'. Dal Comitato dei presidenti e delegati Copercom (il Coordinamento delle associazioni cattoliche per la comunicazione), riunitosi ieri a Roma, emerge chiara la linea tracciata dal presidente Massimiliano Padula. Perché la rivoluzione mediatica digitale, oltre che fonte di insidie, può essere una grande opportunità da cogliere: «Gli attori individuali e collettivi non sono più fruitori passivi di contenuti e messaggi, ma possono diventare protagonisti per costruire comunicazione e riflettere istanze specifiche», spiega il presidente del Copercom.
Non a caso, durante l'incontro di ieri è stato presentato il volume "Fake news e giornalismo di pace" curato da don Ivan Maffeis e Pier Cesare Rivoltella, in uscita per le edizioni Scholè: una raccolta di autorevoli commenti al Messaggio di papa Francesco per la 52ª Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, corredata da 10 schede pastorali per l'utilizzo del messaggio stesso.
L'obiettivo è quello di fornire «elementi di discernimento» - sottolinea Emanuela Vinai, dell'Ufficio comunicazioni sociali della Cei - in un tempo in cui un po' tutti, compresi i giornalisti di professione, «sono presi dall'ebbrezza della velocità del comunicare, che spesso non si è in grado di gestire». Da qui la necessità di formare una «cittadinanza digitale» consapevole - dice il suo collega Sergio Perugini - con la distribuzione di «anticorpi mediali».
Sull'alterazione dei codici della comunicazione si sofferma Donatella Pacelli, presidente del Comitato media e minori del ministero dello Sviluppo e docente di Sociologia alla Lumsa: «Immagini e parole risultano svuotate del loro significato, mentre il silenzio non è più considerato un codice espressivo, il tempo dell'attesa, dell'ascolto dell'altro, della riflessione. Oggi, in un contesto di 'eventi' (non di fatti) in cui il verosimile è interessante quanto il vero, il silenzio è ritenuto strumento di omissione o di esclusione». Eppure «è un elemento costitutivo dello stare insieme». Per questo, conclude la professoressa Pacelli, «la comunicazione deve riappropriarsi della sua funzione di distribuire conoscenza, recuperando tutti i suoi linguaggi».
(Danilo Paolini)
da Avvenire del 17 aprile 2018, pag. 11