UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Cyber-cristiani?

Dalle pagine culturali di Avvenire, una interessante riflessione di Andrea Vaccaro sul  'travaglio' che sta vivendo, recentemente, l’espres­sione 'trascendenza'. Dopo la questione dell’anima, un altro cardine del pensiero religioso sta ricevendo una 'particolare atten­zione' dalla cultura contempora­nea...
19 Giugno 2013
Le parole - lo sappiamo - non hanno un copyright . Ed è anche lecito usarle con un certo margine di libertà. Così, non è infrequente che il loro si­gnificato slitti in modo sorpren­dente, per mutamento dei conte­sti, per ragioni inspiegate, per strategie ideologiche … Si pensi al significato antico e a quello at­tuale di 'pneumatico', al senso etimologico di 'pedofilia', al cro­cevia attuale in cui si trova il ter­mine 'matrimonio'. Di peculiare importanza, in ambito filosofico­teologico, è il 'travaglio' che sta vivendo, recentemente, l’espres­sione 'trascendenza'. Dopo la questione dell’anima, un altro cardine del pensiero religioso sta ricevendo una 'particolare atten­zione' dalla cultura contempora­nea. Di trascendenza infatti si torna a parlare, mentre il 'pur­troppo' e il 'per fortuna' com­battono per completar la frase.
Sì, perché l’accezione ora di mo­da non è proprio quella canoni­ca. Dall’ambito dei Principi sin­golaritiani, ad esempio, Eliezer Yudkowsky dichiara che un a­depto della Singolarità «crede in una Trascendenza o un Evento Orizzonte», in perfetto ossequio al padre fondatore Vernon Vinge che nel suo manifesto La Singo­larità tecnologica assicurava co­me «l’Intelligenza artificiale per­mette la nostra partecipazione ad una specie di trascendenza».
Dai laboratori della Realtà Vir­tuale, d’altro canto, Michael Be­nedikt vaticina che nel cyber­spazio trascenderemo il mondo materiale e, per rendere più per­spicua l’idea, predice che «potre­mo mangiare dell’Albero senza essere puniti, stare con gli angeli, entrare in paradiso e non mori­re » ( Cyber-spazio ). Margaret Wertheim chiama con noncha­lance tale insorgente trascenden­za «Nuova Gerusalemme». Dal fronte della robotica, inoltre, ab­biamo uno dei leader massimi, Hans Moravec, che ha posto il termine sin nel titolo del suo be­st- seller Robot. La pura macchina verso la mente trascendente. Poi c’è Ray Kurzweil, l’«uomo tra­scendente » per eccellenza (così è intitolato il docu-film tuttora in circolazione sulla sua vita e le sue invenzioni), autore di La Sin­golarità è vicina. Quando gli esse­ri umani trascendono la biologia (2005) e del più diretto Transcend (2009). Su un piano maggior­mente divulgativo, il cyber­scrit­tore cult William Gibson in Neu­romante ci presenta Wintermute, un’Intelligenza artificiale con e­spliciti «desideri di trascenden­za » ed è di questi giorni l’annun­cio della preparazione di un nuo­vo film con mega-produzione e celebri star: Johnny Depp - o me­glio il suo personaggio - morirà e la sua coscienza sarà fatta so­pravvivere in una sorta di com­puter. Titolo senza orpelli e senza equivoci: Transcendence. L’uscita del film è destinata a scatenare un gran risuonare della parola 'trascendenza' e sarà interes­sante riscontrare, in tale defla­grazione, come il suo significato originario verrà stiracchiato, ri­modellato, deturpato. Dinanzi ad un incedere così in­calzante del progetto, per così di­re, di 'ingegnerizzazione della trascendenza' si potrà obiettare che, in fondo, non c’è niente di granché nuovo sotto il sole. Non sono trascorsi poi molti decenni da quando una certa ideologia inneggiava, con Ernst Bloch, ad un «trascendere senza trascen­denza, perché è l’avanti che atti­ra - potendolo plasmare - piutto­sto che il lassù» ( Il principio spe­ranza , 1959). La risposta più evi­dente e drammatica è pervenuta dalla storia; quella più arguta, forse, da Augusto Del Noce se­condo cui, all’incirca, una tra­scendenza intramondana presto avvizzisce e, come una giovane avvenente divenuta vecchia, per­de molto del suo impulso attrat­tivo (battuta da contestualizzare rigorosamente in epoca pre-gen­der).
Davvero, dunque, solo il ri­torno di un’uguale questione già liquidata dalla storia e dalla filo­sofia? In realtà, nel ritorno della trascendenza di oggi, un nuovo attore è entrato vistosamente in scena: la tecnologia. Con un ina­spettato dirottamento della tra­ma. Se infatti la trascendenza del marxismo e dell’umanesimo ateo aveva uno sguardo totalmente o­rizzontale, e verticale è la direzio­ne della trascendenza tradiziona­le, si può avanzare che l’orizzon­te della trascendenza tecnologica sia diagonale, o forse obliquo. Si ha un bel dire, infatti, con un malcelato sciovinismo di specie, che i computer fanno solo quello che l’essere umano dice loro di fare. In realtà, se la tecnologia e­lettrica cessasse improvvisamen­te di assisterci, con tutte le nostre abilità dismesse, cadremmo in un nuovo Medioevo. Rinasci­mento, al massimo. Da qui deri­vano consapevoli sensi di dipen­denza e di inferiorità nei con­fronti della tecnologia, strana­mente affini al sentimento di creaturalità dell’essere religioso nei confronti di Dio. Così i piani vengono ad intrecciarsi ulterior­mente e v’è qualche fondatezza nel chiedersi se dietro il fenome­no della trascendenza tecnologi­ca vi sia solo un colossale equi­voco, un preciso disegno ideolo­gico anti-religioso oppure esso non sia altro che l’estremo grido verso il Cielo dell’essere umano contemporaneo, l’unico possibi­le in una cultura post-simbolica, iper-esplicitante e secolarizzata come la nostra. In effetti, inver­tendo una rotta filosofica lunga quasi un secolo che opponeva senza attenuazioni efficientismo tecnico e afflato spirituale, co­minciano sorprendentemente a proporsi - e proprio dall’ambito teologico - posizioni che inter­pretano la tecnologia come pos­sibile Grande Medium per risve­gliare sopite tendenze spirituali e per vincere quella singolare for­ma di xenofobia che attanaglia la nostra epoca: non più fobia dell’altra persona, ma fobia del­l’altra dimensione dell’Essere.
Così, ad esempio, il teologo pro­testante Ronald Cole-Turner, nel­la silloge da lui curata Transhu­manism and Transcendence (2012), pone l’obiettivo di «esplo­rare le forme del desiderio uma­no di trascendenza» presenti nel­la tecnologia; Giuseppe Tanzella-Nitti ravvisa in essa «categorie quasi teologiche », come l’anelito a superare la finitezza, una spe­ranza di largo respiro nel futuro, l’aspirazione a conservare la me­moria individuale e collettiva, la propensione ad una tessitura e­stesa di relazioni ... (Pensare la tecnologia in prospettiva teologi­ca, 2011) e René Munnik della Facoltà teologica di Tilburg ha di recente avviato il progetto di ri­cerca 'Trasformazioni della tra­scendenza nel contesto della cul­tura tecnologica'. Sembrerebbe il germogliare di una teologia della tecnologia di taglio radical­mente nuovo, tesa a leggere nella tecnica non più un farmaco per assopire - o allucinare - le tensio­ni trascendenti, ma un elisir per risvegliarle; una teologia deside­rosa di approfondire (con uno speciale esercizio di 'incultura­zione') le innegabili propensioni spirituali della tecnologia e che, su questa base, si senta di consi­gliare - sulla falsariga del fre­quente invito «cristiani, entrate in politica» - un inusuale «cristia­ni, entrate in tecnologia!». Anche per rimarcare che la 'trascen­denza immanente' è una contra­dictio in terminis o, più poetica­mente, un evocativo ossimoro, che per sua natura è efficace solo se delocalizza la ragione e riman­da altrove.
 
Andrea Vaccaro