Il 16 febbraio 1964 veniva pubblicato il primo numero del nuovo settimanale dell’arcidiocesi di Gorizia. Voce isontina era il titolo scelto a significare da un lato la continuità con la pubblicazione precedente (Voce diocesana) ma dall’altro il preciso riferimento geografico ad una terra solcata da un fiume, l’Isonzo appunto, e che da secoli rappresentava un luogo di incontro e di confronto fra il mondo slavo, quello tedesco e quello latino, fra popolazioni di lingue, cultura e fede diversa.
Erano gli anni del Concilio Vaticano II e l’allora arcivescovo di Gorizia, Andrea Pangrazio (successivamente chiamato alla segreteria generale della Cei) intuì la necessità di dare nuova impronta alla presenza della Chiesa nella società anche attraverso i media. L’intuizione fu quella di farlo con il coinvolgimento del laicato proveniente dalle fila dell’Azione cattolica e dai gruppi culturali attivi in diocesi. Fedele al lungo cammino percorso dalla stampa cattolica in diocesi negli anni precedenti che aveva mosso i primi passi nel lontano 1873 con l’Eco del Litorale.
Mezzo secolo di vita per un periodico, soprattutto in tempi difficili come gli attuali per il mondo dell’editoria, è la testimonianza di vitalità e di radicamento sul territorio. Così la Voce isontina ha cercato innanzitutto di essere «una voce per un dialogo » secondo l’impegno sancito coi lettori nell’editoriale del primo numero per «dare degli avvenimenti una prospettiva ed una interpretazione tale da consentire anche ai meno provveduti un orientamento alla formazione di una opinione, realizzando la visuale giusta degli avvenimenti ». Lo ha fatto facendosi voce di una Chiesa impegnata in un cammino pastorale di riconciliazione.
Inoltre questo è il primo settimanale cattolico in Italia ad ospitare un supplemento realizzato dai detenuti nella Casa circondariale goriziana. L’anniversario sarà celebrato a aprile quando Gorizia ospiterà il Convegno annuale della Fisc sul tema «Europa e confini».