UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Dal silenzio, la scelta giusta

Dal codice binario della fumata (bianco/nero) al diritto alla riservatezza, dal valore dell’attesa e della presenza “fisica” in piazza, a quello di un silenzio che non è vuoto e assenza: Chiara Giaccardi riflette, per Avvenire, sui molti insegnamenti che possiamo trarre dall’ultimo Conclave, da cui è uscito Papa Francesco.
21 Marzo 2013
Dalle dimissioni di Benedetto XVI gli occhi del mondo sono stati puntati sull’Italia: sul discorso di saluto del Pontefice, sull’arrivo dei cardinali a Roma, sul Conclave. Il cui esito ci costringe a pensare alla sua forma, così apparentemente arcaica, ma così straordinaria fonte di freschezza per la Chiesa.
Per due giorni i riflettori del mondo hanno illuminato il comignolo, bizzarro medium dal quale si può attendere solo un messaggio in forma binaria – fumo bianco/fumo nero, positivo o negativo. Questa è esattamente anche la logica del digitale: tradurre ogni messaggio – suoni immagini parole – nel codice binario universale 0/1, rendendo possibile quel fenomeno di 'convergenza' dei media che consente la migrazione dei contenuti e delle funzioni da un dispositivo a un altro. Anche il comignolo, dunque, entra in questa convergenza, anzi la precede: tradurre un messaggio analogico (decisione presa o non presa) in codice digitale (bianco/nero) significa anticipare, dentro la tradizione, ciò che la tecnologia avrebbe realizzato solo molto più tardi. Il nuovo, in un certo senso, è già nell’antico.
Ma, più in generale, osservare da un lato il rituale tradizionale del Conclave, dall’altro le reazioni della piazza e dei media consente di mettere in luce una situazione inedita: otto anni fa, per l’elezione di Benedetto XVI, non c’erano né Facebook né Twitter. Il 13 marzo 2013 la piazza era invece illuminata dagli schermi di smartphones e tablet (che rendono ormai del tutto fuori luogo l’espressione 'piccolo schermo' riferita alla tv), a mostrare ciò che Benedetto XVI ha con lucidità intuito: i social media possono essere porte di verità, e la condivisione è, nell’era digitale, un modo fondamentale della presenza.
Ma il Conclave ha fatto anche emergere in tutta la sua forza lo scarto tra 'possibilità'’e 'realizzazione', tra 'diritto di cronaca' e 'diritto alla riservatezza'. E non si tratta, banalmente, di un contrasto tra 'vecchio' e 'nuovo', tra immobilismo e mutamento. Piuttosto, direbbe McLuhan, tra ambiente e controambiente: dove il 'contro' non indica una conflittualità, ma una complementarietà rispetto a una 'normalità' che rischia di far dimenticare modi dell’umano carichi di senso.
Per esempio, l’attesa: in un mondo della simultaneità, dell’impazienza e del 'tutto subito', di una curiosità intollerante al silenzio che preme sempre per l’immediata soddisfazione, i tempi del discernimento e della valutazione, senza sottostare a 'scadenze' predeterminate sono certamente spiazzanti e ci costringono a un cambiamento forzato di postura, con benefica funzione critica sulla nostra normalità. Bello anche vedere come l’attesa sia passata dalla fisicità stessa delle tante persone che gremivano la piazza, pur nelle condizioni metereologiche avverse e pur con l’alternativa di assistere alla fumata comodamente dalla poltrona di casa.
Anche questo è un modo di pregare: attendere, con la totalità di se stessi, che l’evento abbia luogo. Un altro spunto prezioso viene da quell’ extra omnes, fuori tutti, che inaugura ufficialmente ogni Conclave. In un tempo dell’esibizione ossessiva di sé e del proprio privato, del 'fuori tutto' quasi compulsivo, di un’esteriorità mostrata su tutte le piazze possibili, il ritirarsi nel nascondimento, in un 'dentro' inaccessibile dopo aver ascoltato il 'fuori' ci aiuta a recuperare una dinamica che tendiamo a dimenticare. Ne parlava già Romano Guardini quando, a proposito della «mappa esistenziale» che caratterizza la vita piena, identificava i poli dell’esteriorità ma anche dell’interiorità, dell’orizzontalità ma anche della verticalità, della vicinanza e del contatto, ma anche della separazione e del distacco: la capacità di muoverci tra questi poli, e non la fissazione su alcuni e la rimozione di altri, è ciò che ci rende pienamente umani.
Allora forse per prendere una decisione importante può servire ascoltare, consultarsi, magari anche organizzare un minisondaggio tra i nostri amici (o followers); poi, però, è nel silenzio, nel raccoglimento, nella riflessione e per i credenti nella preghiera, che una decisione sensata per la nostra vita può maturare.
Oggi si può vedere tutto, informarsi in tempo reale, accedere a qualsiasi luogo apparentemente impenetrabile. Il fatto che una scelta così importante, non solo per i cattolici, ma per l’umanità intera avvenga nel silenzio e nel nascondimento ci richiama alla possibilità, intrinsecamente legata alla nostra libertà, di agire diversamente e discernere. Dentro quel silenzio che, come ci ha ricordato Benedetto XVI, non è vuoto e assenza, ma condizione di una presenza più piena e di una parola vera. Il silenzio da cui è venuto Papa Francesco.
 
Chiara Giaccardi