Una figura «di grande attualità », un «testimone» della possibilità di coniugare vita professionale e Vangelo, sofferenza e Vangelo. Così monsignor Claudio Maria Celli, presidente del Pontificio Consiglio delle comunicazioni sociali, ha presentato a Roma, nella sede della Radio vaticana, la figura e l’opera di Manuel Lozano Garrido, soprannominato «Lolo», il primo giornalista laico ad essere proclamato beato. Succederà sabato 12 giugno a Linares, in Spagna. In un contesto sociale e culturale come quello odierno, in cui vediamo «che le comunicazioni aprono infinite possibilità di azione» ed allo stesso tempo il loro utilizzo pone «inediti problemi etici», il prossimo beato «ha qualcosa da dire» non solo a tutti coloro che svolgono la sua stessa professione ma a quanti «nella Chiesa e fuori» cercano una «guida» ideale per operare «a servizio del bene comune». Così monsignor Celli ha sintetizzato alcuni aspetti salienti di un personaggio ecclesiale particolare, autore tra l’altro di un «decalogo del giornalista». Padre Rafael Higueras, postulatore della causa di beatificazione, dal canto suo si è detto «ispirato» dal «coraggio» e dalla «fermezza cristiana» che questo laico ha saputo trovare nel Vangelo ed infondere alle persone attorno a lui nella sua travagliata ed allo stesso tempo laboriosa vita. In anteprima nel corso della conferenza stampa è stato proiettato un estratto del film «Lolo, sembrador de alegría» («Lolo, seminatore di gioia»), prodotto dalla fondazione «Euk-Mamie ». Il primo giornalista laico sarà beatificato il 12 giugno nella città natale di Linares, nella provincia di Jaén (Spagna). Manuel Lozano nacque il 9 agosto 1920 e morì nella stessa città di Linares il 3 novembre 1971. Faceva parte dell’Azione Cattolica e quando era ancora adolescente distribuiva la comunione alle persone in carcere durante la persecuzione religiosa in Spagna, in piena Guerra Civile. Egli stesso venne arrestato per questa opera. Nel 1942, ad appena 22 anni, iniziò a soffrire di una malattia che in appena un anno lo avrebbe portato all’invalidità totale. Ciò non gli impedì di proseguire ed anzi approfondire il lavoro da giornalista che aveva appena cominciato. Collaborò pertanto con il quotidiano «Ya», le riviste «Telva» e «Vida Nueva» e l’agenzia «Prensa Asociada»; pubblicò inoltre nove libri su temi etici e spirituali. Dalla scarsa mobilità della sedia a rotelle e poi dall’immobilità del letto, riuscì tuttavia a trovare la forza di fondare nel 1956 una opera pia chiamata «Sinai, un gruppo di preghiera per la stampa». Insieme ad altri dodici infermi e poi altri ancora fino ad arrivare al numero di 300, fece nascere un gruppo sostenitore per la rivista mensile. Nonostante le crescenti limitazioni della malattia che gli impedirono di scrivere costringendolo a dettare gli articoli e a registrarli, ricevette importanti riconoscimenti professionali, come il «Premio Bravo». Il postulatore ha spiegato che «Lolo» era un autentico mistico. «Solo da un uomo che vive in Dio e di Dio possono uscire quelle preziose righe di giovane appassionato e di ardente scrittore mosso dalla fede e dal Vangelo di Gesù».