UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Editoria: 100 testate
a rischio chiusura

Questione di pochi mesi e l’Italia si ritroverà ad essere meno plu­ralista e democratica. Senza un’inversione di tendenza, la scure del governo sui fondi per l’edito­ria cooperativa, non profit e di partito porterà alla chiusura di 100 testate, la perdita di 4mila posti, la scomparsa di 400 mila copie.
29 Settembre 2011
Questione di pochi mesi e l’Italia si ritroverà ad essere meno plu­ralista e democratica. Senza un’inversione di tendenza, la scure del governo sui fondi per l’edito­ria cooperativa, non profit e di partito – dai 415 milioni del 2008 agli 80 reali del 2011, metà del fabbisogno minimo – porterà alla chiusura di 100 testate, la perdita di 4mila posti, la scomparsa di 400 mila copie. Il sottosegretario Paolo Bonaiuti propone «non una riforma, perché non ce n’è il tempo, ma una pic­cola rivoluzione in tempi brevi», un di­segno di legge condiviso per uscire dal­la palude». La Fieg apprezza. La Fnsi un po’ meno: «Non serve una road map per il futuro anche prossimo, qui si tratta di risolvere i problemi dell’oggi, anzi di ie­ri. Il tempo sembra inesorabilmente scaduto». All’assemblea dell’editoria cooperativa, non profit e di partito, è il presidente di Mediacoop Lelio Grassucci a dare le mi­sure del disastro. Per le testate ma an­che - e forse di più - per l’informazione e la cultura del Paese. «Le risorse per il 2012 ammontano a 154 milioni – spie­ga – di cui 50 per il debito con le poste italiane, 40 per la convenzione con la Rai e altri per coprire altre spese. Resta­no 80 milioni, contro un fabbisogno di 170. E non è certo che gli 80 non siano tagliati nell’ultima manovra». Tre le ri­chieste di Mediacoop: nella legge di sta­bilità di ottobre stanziare 40 milioni e­quiparando l’Iva sui gadget in edicola, oggi al 4%, a quella per gli stessi artico­li al di fuori delle edicole, al 21%; calco­lare la convenzione con la Rai su un ca­pitolo diverso; parametrare i contribu­ti sul numero dei dipendenti. Il documento dell’assemblea ribadisce che «la logica del mercato non garanti­sce un’informazione libera, autonoma e pluralista», perché «porta tendenzial­mente al monopolio e all’omologazio­ne ». La prova è l’allocazione delle risor­se pubblicitaria: «Il 56% all’emittenza, a benefi­cio pressoché totale di Rai-Mediaset e solo il 36% alla carta stampata, in gran parte ai grandi gruppi editoriali». La ghigliottina colpirà «te­state locali che raccon­tano la vita delle comu­nità » come «testate na­zionali, anche di grande valore culturale», can­cellando «la presenza e la voce di forze sociali ri­levanti e orientamenti politici e culturali». Ma i danni saranno anche materiali: «si brucerà un giro di affari che sfiora il mezzo miliardo di euro che ricadrà sull’indotto». Senza contare l’esborso per lo Stato «in termini di ammortizza­tori sociali, pari se non superiore al ri­finanziamento del fondo». Pesano sul­la percezione dell’opinione pubblica i fondi sperperati per testate fantasma, vedi il caso Lavitola: «Sia anche l’occa­sione – si chiede – per introdurre come già chiesto ulteriori norme di rigore».

Concorda Francesco Zanotti, presiden­te della Federazione dei settimanali cat­tolici (Fisc), 189 testate per lo più dio­cesane, 79 siti, un milione di copie set­timanali: «Già ad aprile a Palazzo Chigi dicemmo che era ora di finirla coi con­tributi a chi non ne ha diritto. Ora ri­schiamo il bavaglio ai territori, a un Pae­se che c’è, vive e fatica ma non trova spa­zio sulle testate nazionali». Il parla­mentare Giuseppe Giulietti propone un ddl ad hoc: «Basterebbero due giorni». Il sottosegretario conviene sul rischio di «gettare il bambino con l’acqua spor­ca». Dice che «la crisi impone risparmi», ma concorda sui contributi per copie vendute e dipendenti, contro le testate fantasma: «Già martedì vediamoci per discutere una bozza entro 45 giorni».