«Senza la Rete non si può». È questa la prima, inossidabile certezza con la quale siamo riemersi dal convegno «Testimoni digitali». Innanzitutto perché, come ci ha suggerito sabato scorso lo stesso Benedetto XVI, la Rete è il moderno «portico dei gentili, dove fare spazio anche a coloro per i quali Dio è ancora uno sconosciuto».
La migliore impostazione dottrinale, così come il più affascinante complesso valoriale, oggi sono tenuti a porsi il problema dell’ambiente comunicazionale con il quale vanno a impattare. Innanzitutto domandandosi come, ad esempio, il valore della vita dal concepimento alla morte naturale, possa diventare non solo un prodotto della comunicazione, ma soprattutto come possa divenire un elemento di scambio relazionale nella Rete.
Ancora una volta, è inutile negarlo, corriamo il rischio di assumere una dimensione autoreferenziale che ci impedisce di varcare la soglia dell’altrui comprensione come dell’altrui coscienza. Un errore di prospettiva, infatti, può essere quello di sovrapporre le dinamiche proprie del discorso pubblico con la frontiera più vicina alla relazione interpersonale, dove in realtà viene messa in gioco la persona in tutta la sua identità e complessità.
Proviamo a fare due soli esempi che ci appaiono particolarmente adatti a questa riflessione. Un conto è utilizzare un sito associativo che opera sul versante della difesa della vita, altro è inoltrarsi nei blog che ne dibattono. Nel primo caso, la dimensione dei contenuti è spesso risolta con la trasposizione massiccia di testi, spesso in versione originale e integrale, privi quindi della necessaria mediazione culturale che esigerebbero. E magari il tutto in un 'ambiente' scarsamente attrattivo, soprattutto sotto il profilo del 'disegno' complessivo che li accompagna e senza il supporto di immagini adeguate o di video che possano indurre il 'navigatore' a soffermarsi per il tempo necessario a una minima acquisizione dei contenuti proposti. In questa direzione crediamo si possa dire, senza peraltro autoflagellarci, che il ritardo sia enorme e che la cifra stilistica debba ancora fare passi da gigante, prima di riuscire a creare le condizioni per una sosta su questo tipo di siti. È appena il caso di ricordare che un’offerta di questo genere va spesso a incrociare una domanda 'debole' da parte dei fruitori della Rete, quindi ha necessariamente bisogno di essere a suo modo accattivante. E possibilmente moderna, secondo gli stilemi propri della comunicazione in Rete, che privilegiano la sintesi, la velocità, l’immediatezza, la riconoscibilità, la fruibilità e la semplicità. Insomma, una piccola grande impresa intellettuale per operatori abituati a tempi dilatati, a estensioni linguistiche, a giri di parole, a ricerca di complessità, ad ammiccamenti intellettuali, a corpose citazioni. E l’elenco non finisce qui...
Ancor più complesso tutto quanto riguarda il circuito relazionale, ovvero la messa in rete delle proprie opinioni attraverso i social network (Facebook, Twitter, MySpace) che pure rappresentano il presente e l’immediato futuro dei rapporti sociali ai tempi del Web 2.0. Socialità e relazionalità troveranno qui il loro massimo livello di espansione, e in questo contesto chi ha a cuore i temi della difesa della vita dovrà proporsi con tutto il bagaglio del proprio vissuto, della propria formazione, della propria capacità di dialogo. Basti pensare al peso che, nel tempo, potranno assumere gli scambi in Rete, in vista dei processi decisionali pubblici. Già ora gli analisti si stanno interrogando sul peso della Rete, e degli scambi nella Rete, in riferimento alle scelte elettorali. È già accaduto negli Stati Uniti con Obama, ma se ne parla apertamente anche in Italia come spiegazione del successo ottenuto dalle liste legate a Beppe Grillo nell’ultima tornata amministrativa. Dunque, è indiscutibile la necessità di esserci nella Rete, ma anche il «come» ha un’importanza decisiva. C’è un solo precedente di qualche tempo fa che può aiutarci: il referendum sulla procreazione medicalmente assistita.
Già allora molti giovani, credenti e non credenti, erano presenti nella Rete e fecero la loro campagna a favore dell’astensione, partecipando ai forum che in quell’occasione si moltiplicarono. Si trattò di un episodio che non fu possibile quantificare in termini statistici, ma offrì un indicatore preciso. Le grandi campagne pubbliche non possono prescindere da una forma di militanza tutta particolare qual è quella che si può mettere in campo nella Rete. Anzi, in prospettiva, essa diventerà sempre più decisiva in termini di indirizzo generale.
Ma i «nativi digitali» dove vanno a costruirsi le loro convinzioni antropologiche, dalle quali poi ripartire per un nuovo viaggio nel continente digitale? Ecco una bella domanda alla quale faremmo fatica a rispondere se non avessimo comunità vive nelle quali i rapporti non sono ancora così rarefatti da escludere uno scandaglio rigoroso e propositivo. Il futuro della relazione sta nella Rete che dovrebbe spianare la strada a nuovi incontri, ci suggeriscono gli esperti. Ma quali incontri? La dimensione primaria, quella del rapporto face to face , sembra essere destinata all’implementazione artificiale, propria della relazione in Rete. E la stessa umanità può sortirne mutata, connotata così da un insieme di relazioni primarie che, al tempo stesso, prevedono la corporeità o la escludono, senza per questo rinunciare alla sfera razionale ed emotiva. Un nuovo mondo ci aspetta, e non è detto che sia peggiore.
di Domenico Delle Foglie