UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Famiglie in balia della TV

A causa delle nuove norme, film vietati ai minori di quattordici anni, linguaggio volgare e immagi­ni violente sono già entrate nella programmazione dei pomeriggi tv e della prima serata. Avvenire ha raccolto l'allarme lanciato da Elisa Man­na, responsabile delle politiche culturali del Cen­sis ed esperta di media.
27 Marzo 2014

Un videocartello e una voce suadente prima delle tra­smissioni inadatte ai ra­gazzi sono ormai il fragile argine per proteggere i più picco­li di fronte alla cattiva tv. «Atten­zione, questo programma può nuocere ai minori. Si consiglia di attivare il parental control», si leg­ge sul piccolo schermo mentre u­no speaker traduce il messaggio che appare. Una volta comparso l’avviso, qualsiasi programma che rischia di danneggiare bambini e adolescenti può essere mandato in onda: senza più alcun vincolo di orario. «È l’effetto dell’ultima riforma legislativa che riscrivere il rapporto fra televisione e minori in Italia», spiega la responsabile delle politiche culturali del Cen­sis ed esperta di media, Elisa Man­na. Che lancia l’allarme: «Con la svolta normativa che a torto è sta­ta presentata come un rafforza­mento delle tutele, le emittenti possono trasmettere tutto e a qualsiasi ora del giorno, compre­si i contenuti nocivi che talvolta possono sfociare in quelli grave­mente nocivi». Di fatto film vietati ai minori di quattordici anni o trasmissioni con linguaggio volgare e immagi­ni violente sono già entrate nella programmazione dei pomeriggi tv e della prima serata. Perché la nuove norme che hanno dato il via libera ai palinsesti «selvaggi» individuano come unica barriera il filtro elettronico dei televisori, chiamato con la locuzione anglo­sassone parental control. «E dal punto di vista legale le reti hanno le spalle coperte – sostiene Man­na –. Anzi, sulla carta non avreb­bero bisogno neppure di manda­re in onda quel cartello che invita ad attivare il dispositivo». La svol­ta delle regole fa ricadere sulle fa­miglie ogni responsabilità. «Il le­gislatore – chiarisce la ricercatrice – ha consentito alle stazioni tv di avere le mani libere purché i ge­nitori siano informati».

Ma i numeri dicono che la strate­gia non funzione. Il libro bianco dell’Agcom «Media e minori» pre­sentato a gennaio spiega che ap­pena una famiglia su quattro ri­corre abitualmente il parental control, mentre quasi il 50% dei genitori non lo utilizza o addirit­tura ignora che cosa sia. Va meglio quando si ha a che fare con i «bol­lini » (rossi e arancioni) che sullo schermo indicano i pericoli del programma: sono apprezzati da sei famiglie su dieci. Altrettanto positiva l’accoglienza fra le mura domestiche dei consigli verbali di conduttori o presentatori che so­no considerati validi dalla metà dei nuclei familiari.

Certo, quando si chiede a madri e padri se siano preoccupati per gli effetti che scene o programmi no­civi possono avere sui loro figli, appena un 1% dichiara che si esa­geri con gli allarmismi. Il resto, os­sia il 99% – e la cifra è a dir poco bulgara –, afferma che i timori so­no più che giustificati. Ciò che tur­ba di più è l’intolleranza e la vol­garità che trasbordano dal picco­lo schermo (per il 44% delle fami­glie). Poi ci sono le «parolacce sen­tite in tv», il cattivo esempio dato dall’aggressività televisiva e il con­sumismo (tre temi che sono con­siderati 'minacce' dal 27% dei ge­nitori). Inquietante anche l’imita­zione dei personaggi violenti che i ragazzi possono fare nei loro giochi (21%) e l’invito all’omologazione e al conformismo che viene dalla tv (19%).

«La sola soglia che oggi non può essere superata – conclude Manna – è quel­la sui programmi vietati ai minori di 18 anni che non vanno trasmessi in chiaro e han­no bisogno di un sistema di pro­tezione specifico. Tutto ciò dimo­stra che la tutela dei minori non va. E che va rivisto il quadro nor­mativo».