UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Filtro televisivo: flop tra le famiglie

Sarà anche vero che piace alle famiglie italiane l’idea di ave­re un filtro elettronico che sui televisori di casa oscura i pro­grammi non adatti ai ragazzi. Ma quando si tratta di attivare il di­spositivo digitale, tutto cambia. Avvenire ha pubblicato i dati di una interessante rilevazione... 
15 Ottobre 2012
Sarà anche vero che piace alle famiglie italiane l’idea di ave­re un filtro elettronico che sui televisori di casa oscura i pro­grammi non adatti ai ragazzi. Ma quando si tratta di attivare il di­spositivo digitale – che, secondo il termine inglese più in voga fra gli addetti ai lavori, viene chiamato parental control –, tutto cambia. U­na cosa è apprezzarlo. Altra cosa è accedere col telecomando al menu della tv, impostare il blocco e inse­rire un codice pin per evitare che si possa rimuovere lo «stop». Ope­razione complicata che, però, il le­gislatore considera – con eccessi­vo ottimismo – un argine sicuro, tanto da permettere alle emittenti di liberalizzare senza freni i loro palinsesti quando c’è un filtro che può abbuiare lo schermo.
Peccato che le intenzioni di Go­verno e Parlamento non siano sup­portate dai dati. Basta prendere in esame – a titolo di esempio – il ca­so Sky, il primo network televisivo a introdurre in Italia il parental control nei suoi ricevitori satellita­ri. Secondo il dossier sui consu­matori curato dall’istituto I-Com e pubblicato nei giorni scorsi, l’e­mittente di Murdoch ha intervi­stato mille abbonati di cui trecen­to famiglie che hanno figli con me­no di quattordici anni. Dalle rile­vazioni è emerso che il 78% cono­sce il filtro elettronico, anche se il dato scende al 72% quando si trat­ta di genitori con ragazzi alle so­glie dell’adolescenza. Ma, non ap­pena Sky domanda chi effettiva­mente ricorra al blocco, le percen­tuali crollano a picco: soltanto il 14% dei suoi tele­spettatori lo attiva. E si arriva a uno scarno 9% nelle case dove vivono anche gli under 14.
Le cifre di Sky so­no in linea con quelle delle altre grandi tv della Pe­nisola – a cominciare da Mediaset – che con l’avvento del digitale ter­restre hanno optato per il parental control dei decoder come via d’u­scita per mettere a punto una pro­grammazione anti-paletti. Lo in­dica anche la relazione 2012 del­l’Agcom che al rapporto fra tv e mi­nori dedica alcune pagine. Di fat­to, secondo i numeri a disposizio­ne dell’Autorità per le garanzie nel­le comunicazioni, le famiglie pre­feriscono affidarsi alla segnaletica tv che, con i colori rosso e giallo e con le scritte a piè di schermo, aiu­ta a capire se un programma è i­doneo o meno ai ragazzi. Come ac­cade nei maggiori Paesi d’Europa. Così – fa sapere l’Agcom – oltre il 56% dei genitori italiani dichiara di usare abitualmente i bollini televi­sivi come bussola per la visione delle trasmissioni. E il 70% consi­dera le indicazioni date alle emit­tenti un valido strumento di o­rientamento.
Certo, occorre capire anche quel­lo che ci sta dietro. Perché, come ha denunciato più volte il Comitato Media e Minori, sono le stesse reti ad auto-classificare i loro palinse­sti con criteri talvolta poco chiari e con una libertà di manovra che può lasciare sbalorditi. È quanto risulta anche scorrendo le viola­zioni contestate dal Comitato nel­l’ultimo anno.
«Il parental control, come attuato in Italia, è un completo fallimento dal punto di vista della protezione dei minori», aveva spiegato ad Av­venire l’ex presidente della Corte Costituzionale, Riccardo Chieppa. Eppure sembra proprio che il fil­tro sia il solo scudo destinato a tu­telare i più piccoli, dopo la riforma su tv e minori varata a giugno dal Governo con il via libera delle due Camere. Una revisione normativa che rischia di cancellare il princi­pale baluardo per i ragazzi davan­ti al televisore: il divieto di tra­smettere programmi inadatti dal­le 7 alle 23. Secondo le nuove regole – entrate in vigore a fine luglio –, se viene adottato un «qualsiasi altro accorgimento tecnico» che impe­disce la visione ai minori di conte­nuti nocivi, le emittenti possono mandare in onda di tutto, senza vincoli di orari. E oggi gli schermi digitali e i decoder li hanno, seppur nella versione che va sotto il nome di parental control.
La svolta dei mesi scorsi ha inne­scato dure prese di posizione da par­te delle associazioni degli utenti e delle famiglie, allarmate dalla pro­spettiva di imbattersi in ogni mo­mento della giornata in programmi che possano compromettere la cre­scita di bambini e adolescenti. Un pericolo che, con l’alibi della tecno­logia, è tutt’altro che remoto.