Oggi viviamo, nota l’arcivescovo Giuseppe Betori nella sua lettera pastorale, «avvolti da una valanga di suoni» e non siamo più abituati al silenzio. Eppure, ne abbiamo nostalgia: ecco, quindi, l’invito dell’arcivescovo a «un’educazione adeguata al silenzio ». «Non si tratta – spiega Betori – di chiudersi ai canali delle comunicazioni, incluse quelle di massa, ma certamente non è tollerabile umanamente essere sempre e soltanto sotto il loro influsso, senza più alcuno spazio per esperienze che siano personali, soprattutto interiori». Si impone, prosegue la lettera, «una purificazione della comunicazione» che preveda anche momenti contemplativi in cui ad esempio ci mettiamo in ascolto di noi stessi, della natura o delle espressioni artistiche. Ma non solo: educarsi al silenzio significa anche «imporsi tempi nella giornata in cui facciamo tacere il frastuono attorno a noi e le preoccupazioni dentro di noi, per attingere momenti di quiete in cui esercitare il nostro ascolto delle voci interiori, soprattutto della voce di Dio». Tante le citazioni che accompagnano queste riflessioni sul silenzio: accanto a teologi come Romano Guardini e Dietrich Bonhoeffer ci sono filosofi come Ludwig Wittgenstein e Simone Weil, poeti come Dante e Mario Luzi, scrittori come Elias Canetti.