UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Frontiere da abitare, anche nel cinema

Si apre la XVIII edizione di Tertio Millennio Film Fest (Roma, 9-14 dicembre). La rassegna – organizzata dalla Fondazione Ente dello Spettacolo - quest’anno cuce insieme opere con un filo che porta sul crinale: "Frontiere. Cercando un’immagine tra due mondi". Vi proponiamo la riflessione di don Ivan Maffeis, Presidente della Fondazione e Vicedirettore dell'Ufficio.
9 Dicembre 2014
Quando gli viene offerta la possibilità di scegliere, a sorpresa il tenente J. Dumbar chiede di essere inviato in un lontano presidio, ai margini della prateria, mosso dal desiderio di “vedere la frontiera”. Nell’avamposto più dimenticato il soldato, che aveva tentato il suicidio, troverà nell’incontro con l’altro la via per dare nuovo senso alla vita, un’identità che lo porta a diventare Balla coi lupi e a integrarsi nella cultura, nelle tradizioni e
negli affetti del popolo che l’ha accolto.
La parabola raccontata dal film di Costner ci introduce alla XVIII edizione di Tertio Millennio Film Fest (Roma, 9-14 dicembre). La rassegna – organizzata dalla Fondazione Ente dello Spettacolo con il patrocinio dei Pontifici Consigli della Cultura e delle Comunicazioni Sociali, con il sostegno del MiBACT - Direzione Generale per il Cinema e di Roma Lazio Film Commission, in partnership con Istituto Luce-Cinecittà e in collaborazione con il Centro Sperimentale di Cinematografia - Cineteca Nazionale, Rai Cinema e il Progetto Culturale della CEI, nonché insignita della Targa di rappresentanza del Presidente della Repubblica – quest’anno cuce insieme opere con un filo che porta sul crinale: Frontiere. Cercando un’immagine tra due mondi.
Frontiere chiuse, come quelle imposte dalla dittatura: a raccontarle in presa diretta sarà un regista di fama internazionale.
Frontiere che abbruttiscono nell’ignoranza e nell’arretratezza, presenti anche in Paesi che con orgoglio s’accreditano per sviluppati.
Frontiere smarrite negli ingranaggi della burocrazia, che dopo aver illuso, inibisce ogni desiderio d’incontro.
Frontiere problematiche quanto la crisi finanziaria, vissuta dall’interno di una famiglia asiatica già segnata da conflitti burrascosi tra generazioni.
Frontiere violente, che calpestano gli affetti più sacri e costringono alla fuga chi cerca soltanto un luogo in cui sentirsi finalmente a casa.
E le frontiere che condannano intere minoranze all’emarginazione o quelle del potere giudiziario che, a prescindere da torti e ragioni, rende tutti vittime; le frontiere ferite, che invecchiano con cicatrici che isolano nell’amarezza e nel risentimento. A queste frontiere i film in rassegna danno un nome e, pur indirettamente, coinvolgono e interpellano lo spettatore. Del resto, l’intento con cui la Fondazione li propone è quello di chi non s’arrende a considerare la frontiera una barriera insormontabile: Tertio Millennio costituisce una prova di risposta alle sollecitazioni che Papa Francesco a più riprese non si stanca di rivolgere a tutti proprio per un “abitare la frontiera”.
Non che sia scontato: per esperienza sappiamo che, da orizzonte aperto, essa può risolversi in confine entro al quale trincerarsi a propria tutela. Ci si può ammalare di autoreferenzialità: «Lo ripeto spesso – ribadisce il Papa –: tra una Chiesa accidentata che esce per strada, e una Chiesa ammalata di autoreferenzialità, non ho dubbi nel preferire la prima». Una Chiesa autoreferenziale è una comunità che eleva barricate, invece di aprire strade per rendersi accessibile; è una comunità che non si lascia coinvolgere, ma prende le distanze; è una comunità preoccupata di difendere, conservare e promuovere se stessa, più che il Vangelo del Regno... Una Chiesa così, avverte il Papa, è comunità che non si rinnova: ripiegata su se stessa, è destinata a restare al palo rispetto a un mondo che cambia; più ancora, tradisce la sua stessa missione. Il suo contrario vive in una comunità aperta, estroflessa, capace di far spazio, di andare incontro, di imparare la lingua degli uomini e di incontrarli, senza la preoccupazione di annetterli... Abitare la frontiera – che, nel mondo fattosi villaggio, è essenzialmente esistenziale e culturale – significa fare ogni sforzo per inserirsi nel tessuto vitale in cui si vive e del quale si è interpreti.
Il cinema, da questo punto di vista offre un contributo incredibile. Perché anche per il regista e il produttore vale quel che Claudio Magris dice dello scrittore: «uomo di frontiera» che «muovendosi lungo di essa disfa, nega e propone valori e significati, articola e disarticola il senso del mondo con un movimento senza sosta che è un continuo slittamento di frontiere».

Don Ivan Maffeis
Presidente Fondazione Ente dello Spettacolo