UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Giornalismo di qualità, dall'Italia si leva un grido di dolore

Cinici e bari, eppure indispensabili. Anzi, perfino rivalutabili. I giornalisti sono visti così dagli italiani, e la loro immagine è decisamente peggiorata negli ultimi dieci anni. Il centro di ricerche Astra ha reso noti i risultati di tre indagini sul tema del “Futuro del giornalismo in Italia”, e i dati sono impietosi.
6 Ottobre 2008

Cinici e bari, eppure indispensabili. Anzi, perfino rivalutabili. I giornalisti sono visti così dagli italiani, e la loro immagine è decisamente peggiorata negli ultimi dieci anni. Il centro di ricerche Astra ha reso noti i risultati di tre indagini sul tema del
“Futuro del giornalismo in Italia”, e i dati sono impietosi. Il 68% del campione (rappresentativo della popolazione italiana dai quindici anni in su) ritiene che i giornalisti sono bugiardi, il 60% li ritiene incompetenti ed esagerati nel gonfiare le notizie, il 52% pensa che non sono indipendenti. I giornalisti inoltre non sanno comunicare ( 65%), non hanno eticità ( 64%), sono ansiogeni ( 62%) e non hanno rispetto per gli altri ( 53%). Se non fosse abbastanza chiaro, il 55% degli italiani dà dei giornalisti una valutazione pessima o cattiva. È di poca consolazione il fatto che moltissimi intervistati ( l’ 83%) citino delle eccezioni, dei giornalisti, cioè, che considerano modelli di riferimento. E allora, proviamo a vedere come li vorrebbero, questi giornalisti. Li vorrebbero capaci di studiare i problemi, di ascoltare gli esperti e di sentire più campane. Vorrebbero che fossero seri e rispettosi, e che « aiutassero a capire e non solo a sapere » , perché grazie a loro il lettore dovrebbe “crescere”.
Vorrebbero, inoltre, che scrivessero in modo chiaro e comprensibile ma anche capace di coinvolgere emozionalmente. E su quest’ultimo desiderio un piccolo campanello d’allarme scatta, perché è proprio in questa ricerca di emozioni – da parte dell’informatore ed a parte dell’informato – che si radicano tanti mali della nostra informazione. Il fatto interessante, comunque, è che, benché abbiano questa immagine disastrata della categoria, gli italiani continuano ad attribuire all’informazione una grande importanza sociale: solo il 27% tende a ridimensionarla. Sarà possibile ai giornalisti non deludere questo riconoscimento e riconquistarsi un’immagine autorevole e apprezzata?
L’indagine di Astra non affronta questo aspetto del problema – che implica, in fondo, cambiare radicalmente il modo di fare informazione – ma apre uno spiraglio interessante grazie a due dati. Uno è legato alla previsione che dal 2012 ci sarà una crescente richiesta di giornalismo. Un giornalismo che non si svilupperà in canali non tradizionali ma che risponderà a bisogni- chiave dei lettori, perennemente a rischio di overdose di informazione: la necessità che qualcuno selezioni le notizie, la sintesi, la gerarchia di rilevanza, la contestualizzazione e il commento, la raccolta di testimonianze, l’orientamento. L’altro dato riguarda la pubblicità. Dal 1991 ad oggi l’efficacia della pubblicità si è dimezzata, il che significa che un’impresa deve spendere il doppio per ottenere gli stessi risultati. E allora? Forse la pubblicità stessa, che in questi ultimi anni ha spinto le testate a umiliare l’informazione per dare spazio al marketing, scoprirà di avere bisogno di giornali di qualità, capaci di instaurare un buon rapporto con i loro fruitori, per essere più efficace. Chissà, magari informazione e pubblicità si salveranno insieme.

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