UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Giornalisti cattolici di tutto il mondo su etica, informazione ed educazione ai media

Giornalisti provenienti da tutto il mondo a confronto su "Giornalismo ed etica agli incroci del mondo moderno". È il seminario promosso dall'Unione cattolica internazionale della stampa (Ucip), al cui interno si tiene anche l'assemblea generale dell'associazione.
15 Dicembre 2008

Giornalisti provenienti da tutto il mondo a confronto su "Giornalismo ed etica agli incroci del mondo moderno". È il seminario promosso dall'Unione cattolica internazionale della stampa (Ucip), al cui interno si tiene anche l'assemblea generale dell'associazione. Nel corso dei lavori il presidente dell'Ucip, Ismar Soares, ha evidenziato la volontà dell'organizzazione di "dialogare non solo con i giornalisti, ma anche con le giovani generazioni", poiché "l'educazione ai media spetta ai giovani". Rivolto ai presenti, il direttore dell'Ufficio comunicazioni sociali della Cei, don Domenico Pompili, ha auspicato che "la comunicazione ritrovi quello spessore che san Benedetto esigeva dai suoi monaci", dove vi è "un discrimine tra silenzio e parole" e "tutto nasce dalla domanda dalla quale ci si lascia interpellare".

Raccontare la vita. Testimoniare i valori in cui si crede senza cadere nella "predicazione", ma mantenendo fede ai "criteri del giornalismo", cioè "narrando la vita, trovando nella realtà storie da raccontare". Questo, per Soares, è il compito del giornalista cattolico in un'epoca in cui "il suo lavoro è particolarmente difficile e soggetto a pressioni", e vi sono temi sui quali "sembra che la Chiesa non possa esprimersi". Si chiede solitamente "un'informazione neutrale", ma il cattolico, "pur rispettando la correttezza dell'informazione, non può ignorare quei valori che la Chiesa difende ed egli stesso riconosce". "Il giornalista - ha ricordato - è un narratore di storie", e dunque è chiamato a declinare quei valori "utilizzando il linguaggio dei mezzi d'informazione, che è il linguaggio della storia delle vite umane". "Scovare esempi di vita fedeli all'amore di Dio e coerente agli insegnamenti della Chiesa", secondo il presidente dell'Ucip, è il modo migliore per "dare testimonianza rispettando l'etica e la propria professionalità".

Fare "media education". Per "favorire nei giovani un uso responsabile delle nuove tecnologie" occorre stare "al loro fianco" senza "censure", ha proseguito Soares, bensì lavorando "insieme" nel "creare prodotti di comunicazione. Solo così si può trasmettere il valore dell'etica e del rispetto della verità nella comunicazione". È il tema della "media education", una "via efficace, come dimostrano le esperienze in tal senso", al quale ha fatto riferimento anche il card. John P.Foley, gran maestro dell'Ordine equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme, chiedendo che l'educazione ai media rientri nelle materie di studio a scuola poiché "non è meno importante delle altre discipline". "I mezzi di comunicazione sovente influenzano i comportamenti dei giovani", ha rilevato: sarebbe dunque opportuno "studiare il loro influsso sulla vita umana e insegnare ai giovani come rapportarsi con questi strumenti, come essere critici e saper reagire in maniera responsabile" di fronte alle continue sollecitazioni.

Aspirare ai massimi livelli. Tra gli obiettivi dell'Ucip, ha affermato mons. Claudio Maria Celli, presidente del Pontificio Consiglio per le comunicazioni sociali, vi è "aiutare quanti lavorano nella stampa ad aspirare ai massimi livelli professionali ed etici". Riferendosi al messaggio di Benedetto XVI per la scorsa giornata delle comunicazioni sociali, mons. Celli ha ripreso il richiamo all'"infoetica", evidenziando come le parole del Santo Padre incoraggino "quanti lavorano nei media a farsi carico delle grandi responsabilità" loro affidate. Infine, un ricordo per quei giornalisti che "hanno dato una straordinaria testimonianza del loro impegno per la verità", sopportando per il loro rifiuto a tacere dinanzi all'ingiustizia e alla corruzione "persecuzioni, prigionia e anche la morte". Tra di essi vi è il beato Tito Brandsma, pioniere del giornalismo cattolico, il quale ha subito "il martirio per aver riportato la verità", denunciando le persecuzioni del nazismo contro gli ebrei.

Gli interrogativi nel nuovo millennio. Tra i giornalisti presenti, l'ecuadoregna Edith Garcia ha messo in evidenza come nel XXI secolo la globalizzazione ci obblighi a "ripensare il ruolo del giornalismo, del rapporto dei mezzi di comunicazione sociale con l'etica, l'educazione, la famiglia e la comunità". A fianco della "globalizzazione economica", ha annotato, vi è anche "una globalizzazione delle idee e del pensiero". Un processo che, però, non è privo di "contraddizioni, frammentazioni e conflitti" e "non ha posto fine alle diversità culturali, ma al contrario ha aumentato le differenze". Mentre il direttore dell'ufficio stampa dell'arcidiocesi di L'Avana (Cuba), Orlando Marquez, ha precisato che, "come giornalisti e comunicatori cattolici posti in questo crocevia all'alba di un nuovo secolo, ci troviamo faccia a faccia con l'uomo che cerca e che pone nuove domande, e non possiamo voltargli le spalle", ricordando che fede e professionalità non possono andare disgiunte.