UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Gli attori e l'Attore del grande Evento teatrale

Con buona pace dei nostri grandi teatri – prestigiosi e spesso purtroppo in difficoltà – c’è ogni anno l’appuntamento con il Grande Evento Teatrale. I mille e mille presepi viventi. Vi proponiamo la riflessione scritta da Davide Rondoni per Avvenire del 21 dicembre. Con i più cari auguri di un santo Natale.
21 Dicembre 2012
«E chi era a far Gesù Bambino?» «Il figlio di Bonetti». «E tu Clemente?» «Io facevo l’ebreo».
Spicchi di conversazione l’altra mattina dopo la più grande rappresentazione teatrale della stagione in Italia. Con buona pace dei nostri grandi teatri – prestigiosi e spesso purtroppo in difficoltà – c’è ogni anno l’appuntamento con il Grande Evento Teatrale. I mille e mille presepi viventi. Non solo nelle scuole, come quello di mio figlio Clemente, ma in tanti luoghi, dal centro di Rimini ai paesi della Brianza, dal borgo di Gabicce Monte a quelli in ogni latitudine d’Italia. Tanti figli come quello di Bonetti tra le braccia di Marie che sono professioniste o casalinghe o di Giuseppi che sono avvocati o barbieri. Impacciati e infreddoliti attori, infredddoliti ed emozionati spettatori danno vita a un evento che non sarebbe programmabile nemmeno dal più Potente Ministero del Teatro.
I migliori registi e dei mattatori delle nostre scene ora devono lasciare il passo a volenterosi registi improvvisati, a protagonisti che mai han calcato un palco. A gente che rappresenta l’avvenimento meno rappresentabile, la scena più segreta, la storia più potente. Un altro dei paradossi cristiani. Cioè delle verità, che sono sempre paradossali. Ad esempio, che un piccolo nato male valga quanto il presidente degli Stati Uniti è una verità che il cristianesimo ha portato nella scena del mondo, per il quale non è quasi mai così – o solo a parole. Mettere in scena la scena più misteriosa, l’invisibile che si fa carne, non è forse la sfida teatrale più strana? Più di quanto immaginato da qualsiasi e grande Pirandello o Ibsen. Lo inventò, si racconta, un geniale santo e artista di nome Francesco. Se fosse stato solo un artista, non ce l’avrebbe fatta a pensare e a inventare una cosa del genere. E così ci ha donato il più grande e strano evento teatrale dell’anno, e di ogni anno.
Doppiamente paradossale. Non solo l’invisibile, il Dio altissimo, radice dell’essere di ogni massima e minima realtà, si fa carne entrando sulla scena del mondo in un modo impensabile (da vero grande Attore), ma doppio paradosso perché, come ha ricordato il Papa, l’evento più importante del mondo accade in un borgo ai limiti della storia e i Grandi di allora, come di ora, fanno da scenografia, loro che invece pensavano, e pensano, d’essere il centro della scena.
Teatro veramente speciale. E in un certo senso aspirazione e modello d’ogni atto teatrale autentico, quando sulle assi d’un palco si vuol portare non una ennesima finzione ma il rivelarsi drammatico della esistenza. Nella grande corale e personalissima messa in scena dei presepi, grazie al corpo dei cristiani si mostra l’entrata nella storia del Corpo di Dio. Del grande Attore.
Non si è fermato nel luogo sicuro della cabina di regia, ma è sceso in scena, tra i nostri dolori e le nostre strazianti allegrie. Per prenderle con sé, comprenderle, perché fossero da noi stessi comprese sulla scena del tempo e su quella dell’eterno, riunite.
 
di Davide Rondoni
(la fotografia è tratta dal presepe vivente della Comunità Missionaria di Villaregia - Roma)