UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

GMCS2020. Il contributo di don Marco Pozza

“Comunicare è molto simile ad informare, un verbo che appartiene alla comunicazione, al giornalismo e alla scrittura, ma anche all'arte della dietetica, dal momento che letteralmente significa tenere in forma”. Per don Marco Pozza, cappellano del carcere “Due Palazzi” di Padova, “la comunicazione avrebbe il dovere di tenere in forma la società, il cuore di […]
20 Maggio 2020

“Comunicare è molto simile ad informare, un verbo che appartiene alla comunicazione, al giornalismo e alla scrittura, ma anche all'arte della dietetica, dal momento che letteralmente significa tenere in forma”. Per don Marco Pozza, cappellano del carcere “Due Palazzi” di Padova, “la comunicazione avrebbe il dovere di tenere in forma la società, il cuore di un lettore, di un popolo, di una comunità”.

Nel Messaggio per la 54ª Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, il Papa ricorda che “la fede è una bellissima storia d'amore che Dio tesse con la sua umanità”. Ecco allora che “questa grande storia della salvezza, quella che parte della Genesi e arriva all’Apocalisse, ma anche la piccola storia della salvezza si può raccontare e si può comunicare anche al tempo del carcere e soprattutto dal mondo del carcere”.

Ci sono, però, avverte don Pozza, due modi per raccontarlo: uno diabolico e uno simbolico. Il primo è quello “di chi, dentro a questa storia, si ostina a raccontare, come direbbe il Papa, l’intelaiatura del male”. Il secondo è quello che cerca “in questa intelaiatura di male di raccontare delle trame che a volte sono scheletri di storie, schegge di storia, scarabocchi di storia dentro ai quali c’è un apostrofo, una virgola, un punto e virgola che diventano una fessura per raccontare una storia di bene”.

Nella sua riflessione, don Pozza fa riferimento alla vicenda di un detenuto che, dopo più di 20 anni, ottiene un permesso premio e gli viene data la possibilità di trascorrere una vacanza con una comunità. Lo stesso episodio, evidenzia, può essere letto come hanno fatto alcuni giornali che “si sono infuriati e hanno parlato di ergastolani che vanno in hotel a 5 stelle” oppure in modo simbolico, cioè “stupendosi perché una comunità di uomini e donne abbia accettato di poter vivere una settimana assieme ad una persona che nella vita aveva sbagliato”. Questo, osserva il sacerdote, “per me significa comunicare il bene, la bellezza, la verità, ovvero andare dentro a questo inferno e scandagliare tutti quei frammenti dove il male non ha avuto l'ultima parola”.

“In un mondo in cui la storia del male sembra farla da padrone, dobbiamo ammettere che sono le storie di bellezza, di risurrezione, di rinascita che hanno ancora la capacità di stupire il lettore e di fargli sospettare che anche la sua storia, per quanto piccola e brutta, può diventare bellissima”, spiega don Pozza per il quale “non serve chissà quale storia per commuovere il mondo, basta la nostra piccola storia”.

L’augurio del cappellano per la domenica in cui si celebra la Giornata delle comunicazioni sociali è quello “di credere veramente alle parole meravigliose, che rimbombano spesso dentro le navate della cattedrale del carcere, che Papa Francesco disse ai ragazzi durante l'ultima Giornata mondiale della gioventù: ‘Finché avete un pezzettino di storia in tasca e qualcuno a cui raccontarla, non siete fregati del tutto’”. “Penso – conclude don Pozza- che questa sia la comunicazione che letteralmente tiene in forma il cuore dell'uomo e della donna”.