UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Google nella rete… del Fisco

La finanza ha avviato questo lunedì u­na verifica fiscale «extraprogramma» su Google Italy Srl. Vuole capire se la società paga effettivamente  le tasse dovute all’Italia. Nel mirino ci sarebbero 240 milioni di euro non dichiarati ma l’azienda si difende: rispettiamo le leggi, collaboreremo.

 
29 Novembre 2012
La finanza ha avviato questo lunedì u­na verifica fiscale «extraprogramma» su Google Italy Srl. Vuole capire se la società paga le tasse dovute all’Italia. I ma­nager dell’azienda dovevano aspettarselo, esattamente una settimana prima Corra­do Passera li aveva avvertiti: «C’è tanta gen­te che fa milioni di utili e fa lezione ogni giorno a tutti e poi viene fuori che non pa­ga le tasse. Ma che diamine!» aveva detto il 19 novembre il ministro dello Sviluppo economico parlando dei padroni della Si­licon Valley durante una tavola rotonda sulle start up organizzata a Milano dalla Vodafone.
«Bisognerebbe andare a prendere anche i tanti pic­coli che evadono – aveva continuato il ministro –, ma ciascuna di queste a­ziende fa milioni di picco­li, quindi prima andiamo addosso a questi». Detto fatto.
L’indagine della finanza italiana è l’ultima puntata di una campagna giornalistica i­niziata ormai due anni fa sulle pagine del quotidiano irlandese Irish Times e arriva­ta da qualche settimana in Italia. Il mec­canismo è complesso: Google è una so­cietà californiana che ha dato in licenza la sua attività pubblicitaria (dalla quale arri­vano quasi tutte le sue entrate) alla con­trollata Google Ireland Holdings, società basata in Irlanda per ragioni fiscali (lì le tasse sugli utili sono al 12,5%) ma gestita dalle Bermuda, dove gli utili non sono tas­sati per niente. Google Ireland Holdings ha a sua volta dato questa attività in li­cenza a una società sempre del gruppo ma stavolta con sede in Olanda (dove certe audaci manovre fiscali sono permesse, a prezzi da concordare con l’autorità). La società olandese ha poi passato la licenza a Google Ireland Ltd, la vera base europea del gruppo, che raccoglie tutte le entrate della pubblicità venduta in Europa. Buo­na parte del denaro incassato da Google Ireland Ltd passa come royalty alla società olandese e quindi viene trasferita alle Ber­muda. Col risultato che dei 12,5 miliardi di euro che Google ha fatturato nel 2011 attraverso la pubblicità venduta in Euro­pa 9 miliardi sono andati in spese ammi­nistrative (comprese le royalty ) e solo 24 milioni sono risultati come utile prima del­le tasse. Roba da media azienda.
Google Italy srl ha bilanci proprio da pic­cola impresa: ha chiuso il 2011 con 40,7 milioni di eu­ro di fatturato e utili per 3,3 milioni . All’Erario sono an­dati 1,8 milioni. Lo Stato in­cassa di più dalle tasse fat­te pagare a un buon attac­cante di serie A. Le cifre del bilancio sono uscite su un’inchiesta sul fisco dei colossi della Silicon Valley (sono organizzati più o meno tutti come Google, a partire da Apple o Amazon) pub­blicata sul magazine Sette a metà novem­bre. Da quell’indagine giornalistica emer­ge che Google Italy Srl ha circa il 50% del mercato italiano della pubblicità on line, cioè un giro d’affari di 600 milioni di euro. Però è quasi tutto denaro fatturato diret­tamente in Irlanda, e quindi inserito in quel circolo che lo fa passare dall’Olanda e arrivare alle Bermuda.
Sollecitato a fare qualcosa proprio da uno dei giornalisti autori dell’inchiesta italia­na Passera ha promesso che si sarebbe mosso. Tre giorni dopo Stefano Graziano, deputato del Pd, ha presentato un’inter­rogazione sulla vicenda alla commissio­ne Finanze della Camera e ieri Vieri Ce­riani, sottosegretario all’Economia, ha ri­sposto annunciando l’indagine avviata dalla Finanza. In Francia, secondo indi­screzioni, il governo per un caso quasi i­dentico ha chiesto alla società 1 miliardo di euro. L’esito delle verifiche italiane non è scontato: le cifre citate dal sottosegreta­rio – 96 milioni di euro di Iva che Google non avrebbe pagato sui 240 milioni in­cassati in Italia tra il 2002 e il 2006 – si ri­feriscono una simile indagine completa­ta dalla Finanza nel 2007 ma di cui anco­ra non si conosce il risultato concreto. L’a­zienda è tranquilla: «Google – ha comuni­cato ieri – rispetta le leggi fiscali in tutti i Paesi in cui opera e siamo fiduciosi di ri­spettare anche la legge italiana. Conti­nueremo a collaborare con le autorità competenti». Lo aveva ammesso lo stes­so Passera: in queste aziende quando si tratta di fisco «sono veramente bravi, an­che se non riesco a usare la parola bravi per chi evade le tasse...».