UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Homo Zappiens:
la scuola si adatterà?

Siamo entrati nell'era digitale ed è nata una generazione di giovani che, formatisi sulle nuove tecnologie - computer, videogiochi, telefonini, internet -, le usano con grande disinvoltura e insieme con abissale indifferenza per i loro meccanismi profondi, attenti solo al loro utilizzo opportunistico.
20 Aprile 2011
Siamo entrati nell’era digitale ed è nata una generazione di giovani che, formatisi sulle nuove tecnologie – computer, videogiochi, telefonini, internet – , le usano con grande disinvoltura e insieme con abissale indifferenza per i loro meccanismi profondi, attenti solo al loro utilizzo opportunistico. Questi «nati digitali» sono protagonisti di un libro ( Wim Veen, Ben Vrakking, «Homo Zappiens. Crescere nell’era digitale», Edizioni Idea, Roma) che li pronostica catalizzatori e protagonisti di cambiamenti essenziali nel modo di vedere il mondo, di comunicare e di apprendere. La locuzione «Homo Zappiens», in verità piuttosto sgraziata, è un ircocervo nato dalla fusione di «sapiens» e di «zapping» e bene esprime la profonda integrazione tra uomo e tecnologia digitale. «Hz» apprende esplorando e giocando, cioè trasferendo le tecniche dei videogiochi a problemi di varia natura e impadronendosi di conoscenze che non fanno più parte di un canone scolastico semifisso ma sono negoziabili e mutevoli a seconda del contesto e delle circostanze. Il tempo di attenzione breve, il comportamento iperattivo, l’indipendenza nell’apprendere fanno dello scolaro «Hz» un soggetto difficile ma stimolante, che richiede metodi nuovi e originali di insegnamento. Per gli autori, che lavorano all’Università di Delft, in Olanda, è la scuola che si deve adattare a «Hz» perché la società che si annuncia avrà bisogno di persone capaci di affrontare la complessità, la mutevolezza, l’adattamento e l’incertezza.

 Gli insegnanti saranno sottoposti a una forte tensione, che deriva dalle loro diverse abitudini cognitive rispetto a «Hz» e dalla loro diversa architettura cerebrale. I giovani «Hz» sono impazienti, vogliono immediatamente le risposte ai loro quesiti, non fanno mai una sola cosa alla volta, saltano da internet alla Tv, dal cellulare all’iPod con una divisione di tempo vertiginosa che sfiora la simultaneità del «multitasking». Mentre fanno i compiti ascoltano musica, gettano uno sguardo allo schermo Tv, inviano un sms e un messaggio e-mail a un 'amico' appena conosciuto su Facebook, inseriscono il loro ultimo video in YouTube. Tutto ciò è il risultato dell’incontro precoce con una realtà filtrata dai dispositivi digitali e con la possibilità di comunicare a costo nullo senza limiti spaziali. Armati di telecomando, mouse e cellulare, hanno il mondo a portata di clic, non conoscono i tempi lunghi della riflessione e ai libri e agli svaghi all’aria aperta preferiscono i videogiochi, anche i più violenti, senza imbarazzi morali. Infine, «Hz» non ama la tecnologia di per sé, bensì per ciò che può consentirgli di fare, dimostrando tutta la chiusura autoreferenziale della generazione digitale, che adotta un atteggiamento magico, strumentale e indifferente. Ma come affronteranno questi giovani il sodo e indocile mondo reale che, nonostante le sue derive virtuali, è per il momento ben lungi dallo scomparire nelle pieghe del ciberspazio? E quali strutture di conduzione potrà darsi la società del futuro, gestita da questi liquidi digitalisti?