UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

I volti del terremoto, non solo news

Media cattolici e sisma, ieri l'incontro a L'Aquila. Mons. Pompili: "Per la prima volta le prime notizie sono arrivate da internet e dai social network, che in questi mesi sono serviti alle persone per ritrovarsi".
15 Aprile 2010
È la foresta silenziosa a cui porger l’orecchio. È il mondo dei media che guarda con occhio buono agli eventi, non nascondendone tuttavia il male, anche in occasione del terremoto in Abruzzo. È l’informazione che si interroga sul suo ruolo nell’era digitale. È stato questo il senso dell’incontro organizzato ieri dalla diocesi dell’Aquila «Le notizie e le scosse. I media cattolici, il terremoto, la gente». Un incontro in cui non è emerso il giornalismo degli scoop, ma quello fatto di volti, di occhi che raccontano la sofferenza. Il giornalismo che mette in luce i piccoli momenti di speranza. Così la diocesi abruzzese ha voluto dare spazio al modus operandi dei media che sono espressione del mondo cattolico. Media che credono nella continuità dell’informazione, nell’importanza di andare avanti anche quando i riflettori della macchina mediatica si spengono. Si parte da un dato certo. Il terremoto dell’Aquila è stato il primo sisma digitale, quello in cui otto minuti dopo la scossa il web ha lanciato un messaggio: «C’è ancora qualcuno vivo a L’Aquila?». A sottolineare l’assoluta novità della tragedia aquilana il direttore dell’Ufficio comunicazione Cei, monsignor Domenico Pompili; «Per la prima volta - ha detto - le notizie più immediate non ci sono arrivate dalla televisione o dai giornali, ma dai nuovi linguaggi di internet e dei social network.
  Strumenti che in questi mesi sono stati utilizzati dalle persone per ritrovarsi». Un contesto in cui, ha aggiunto Pompili, «la rete ha avuto un importante ruolo per cercare di ricomporre un tessuto sfilacciato». Il nuovo modo di raccontare il terremoto è stato sottolineato anche dal vescovo ausiliare Giovanni D’Ercole, che ha elogiato la capacità della stampa cattolica di «non limitarsi a rilanciare le notizie ma a far comprendere lo spirito con cui è stata affrontata questa tragedia e con cui si affronta la ricostruzione». Uno spettacolo mediatico dove si è entrati in punta di piedi, facendo parlare la gente. Il direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, ha ricordato più volte la foresta silenziosa del bene a cui bisogna tendere l’orecchio per arrivare all’essenziale. «A volte raccontare i problemi è necessario – ha sottolineato – ma lo è altrettanto spiegare le soluzione che si vanno trovando. Serve capire il bene che si può fare, parlando non di numeri, ma di persone, di storie di dolore e di speranza». E il giornale in un anno lo ha fatto con 30 prime pagine, 660 pagine interne e 40 editoriali; un percorso, ha aggiunto Tarquinio, basato «sulla continuità della notizia iniziata dal mio predecessore. Questa è una realtà che non è chiusa, in cui c’è molto da fare». A far comprendere la drammaticità del sisma, comunque, ha aggiunto Stefano De Martis, direttore di Tv2000, «sono state le immagini, accompagnate dalla logica di fare un passo indietro nel momento del dolore da parte di cronisti che hanno provato umana partecipazione». È una lettura diversa della notizia anche quella spiegata di Paolo Bustaffa, direttore del Sir, fondata sul principio di chi ascolta e racconta il silenzio della sofferenza, «un’impresa per la quale valgono le regole del mestiere, ma non meno la sensibilità, l’inquietudine, la rinuncia al protagonismo». C’è un limite, ha concluso Giustino Parisse, caporedattore del Centro, giornalista e terremotato, che passa tra la necessità di salvaguardare il dovere di informare e il rispetto delle persone.
  Parlare della gente, dunque, di quella comunità aquilana che si è sentita di nuovo un popolo, anche grazie al lavoro svolto dalla Chiesa locale nel voler lanciare, proprio da una tenda, il periodico Vola. «Unificare il tessuto sociale - ha spiegato il presidente della Fisc, don Giorgio Zucchelli - è il ruolo dei settimanali diocesani la cui vocazione è quella di dar voce al territorio, favorendo un legame tra la Chiesa e la società civile».

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