Un Papa in redazione non è cosa da tutti i giorni. Neppure quando la redazione è quella de
L’Osservatore Romano, che pure, proprio del Papa, è il giornale. Ma può succedere quando la data è di quelle speciali, come senza dubbio lo è il 150° anniversario del quotidiano vaticano. Una lunga strada, percorsa sempre nell’ottica di offrire «un’informazione universale, che realmente vede il mondo intero e non solo una parte». E certo, è vero che «è sempre necessaria una scelta» nel decidere che cosa pubblicare, e «sappiamo bene che le scelte delle priorità oggi sono spesso, in molti organi dell’opinione pubblica, molto discutibili »; proprio per questo allora i criteri adottati da
L’Osservatore Romano, riassunti nei motti
Unicuique suum e
Non praevalebunt, ovvero «la giustizia che rispetta ognuno e la speranza che vede anche le cose negative nella luce di una bontà divina della quale siamo sicuri per la fede», aiutano «a offrire realmente un’informazione umana, umanistica, nel senso di un umanesimo che ha le sue radici nella bontà di Dio. E così non è solo informazione, ma realmente formazione culturale». Un’acuta riflessione sui media quella che, Benedetto XVI, ha proposto ieri mattina durante la sua visita alla redazione del quotidiano vaticano, in occasione del secolo e mezzo di vita da esso compiuto il 1° luglio scorso. Incontro davvero in famiglia, col Pontefice a 'curiosare' – «Ma se io improvviso vi metto in difficoltà?», si è anche informato a un certo punto – e a informarsi, seduto a una postazione, su come materialmente nasca il giornale, mentre il direttore Giovanni Maria Vian gli illustrava le diverse fasi della lavorazione.
Accolto al suo arrivo dal direttore Vian e dal vicedirettore Carlo Di Cicco, papa Ratzinger, che era accompagnato dal segretario di Stato, cardinale Tarcisio Bertone, è salito al suo arrivo al terzo piano dell’edificio che ospita L’Osservatore Romano, dove in un salone era riunito tutto il personale delle diverse edizioni. Presente anche il direttore emerito, professor Mario Agnes.
Dopo la visita ai locali, è venuto il momento del discorso – che il Papa ha quasi interamente improvvisato –, preceduto dall’indirizzo di saluto di Vian, che ha ricordato come «uno dei due motti sotto la nostra testata è Unicuique suum, che... è un principio della filosofia antica, quello della giustizia, tratto dal diritto romano. L’altro, Non praevalebunt, è un detto di Gesù nel Vangelo di Matteo, lo stesso che contiene il Tu es Petrus. Allora questo significa davvero un’unità profonda, profondamente intrecciata: Tu es Petrus, non praevalebunt. Siamo tutti nella stessa piccola barca, la navicula Petri».