UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Il primato del cuore

"Nella formazione alla comunicazio­ne è importante sapere ridimen­sionare il ruolo della tecnologia e ricor­dare invece il primato delle dimensioni umanistiche: la riflessione sull’uomo, l’apertura del cuore, un dialo­go vero". Così Armando Fumagalli per Avvenire dell'8 ottobre.
8 Ottobre 2013
Ogni volta che, nella plurisecolare storia dell’uomo, sono compar­se nuove tecnologie della comu­nicazione, sono state accompagnate da due reazioni in qualche modo istintive. Da una parte un certo catastrofismo: quando apparve la scrittura si diceva che avrebbe cancellato la memoria umana e la sua funzione insostituibile nell’arri­vare alla verità. Qualcosa di analogo av­venne poi con l’invenzione della stam­pa, del telefono, del cinema, la televisio­ne, Internet, i cellulari, le reti sociali, ecc. Certo, l’impatto delle innovazioni può essere forte, ma finora non è mai stato «catastrofico» e più che cancellare le tec­nologie precedenti, provoca un riasse­sto delle varie forme della comunica­zione. Un secondo riflesso condiziona­to dei «primi tempi» di ogni nuova tec­nologia è sempre stato quello di far con­centrare gli osservatori sulla tecnica in sé, invece che sul problema di come usar­la, di come «parlare» e «ascoltare» attra­verso i nuovi mezzi. Le comunicazioni sociali non sono altro che un potenziamento di questa capa­cità primordiale dell’uomo di comuni­care, e oggi come allora le dimensioni radicali della comunicazione sono quel­le dell’incontro e della testimonianza, dell’autenticità e della capacità di ascol­to. Quando un romanzo, un film, un pro­dotto tv mi convince e mi commuove, è vero che dalla parte del mittente non c’è contatto diretto con il fruitore, ma il frui­tore può avere un’esperienza intima e personalissima di «incontro». Per que­sto le comunicazioni di massa sono co­sì potenti: possono attivare reazioni in­time e profonde in milioni, a volte mi­liardi di persone contemporaneamen­te: si tratta di un’«intimità non recipro­ca a distanza», ma è un’intimità che spes­so tocca il cuore. In diversi Paesi mi è capitato di vedere fa­coltà o corsi di laurea in comunicazione che si gloriano di avere tecnologie avan­zatissime, ma poi nei loro piani di studi danno una formazione tecnicistica e po­vera culturalmente: purtroppo hanno sbagliato strada e questo tipo di forma­zione avrà certamente il fiato corto. An­che nella formazione alla comunicazio­ne è importante infatti sapere ridimen­sionare il ruolo della tecnologia e ricor­dare invece il primato delle dimensioni umanistiche (la riflessione sull’uomo, su quello che gli sta a cuore, su come atti­vare la comprensione, l’empatia, le e­mozioni, l’apertura del cuore, un dialo­go vero): sì, anche nella comunicazione «tecnologizzata» delle reti sociali o ad­dirittura in quella «di massa» dei pro­dotti mainstream.
 
Armando Fumagalli
Ordinario di Semiotica all'Università Cattolica