UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Il teatro per riscoprire la politica

Per secoli il teatro è stato il luogo della finzione; oggi che tutto è finzione bisogna acquisire gli strumenti teatrali per riconoscere una finzione falsa da una finzione vera: questo lo spirito che ha guidato l'incontro “Il teatro politico e la politica a teatro”, organizzato questa settimana nella diocesi di Milano
2 Marzo 2012
“Un tempo era difficile accedere all’informazione, oggi ne siamo soffocati. Per secoli il teatro è stato il luogo della finzione; oggi che tutto è finzione bisogna acquisire gli strumenti teatrali per riconoscere una finzione falsa da una finzione vera”. Così Serena Sinigaglia, regista della compagnia teatrale Atir, è intervenuta nel corso dell’incontro “Il teatro politico e la politica a teatro” (28 febbraio), organizzato dalla Scuola di formazione sociale e politica per giovani “Date a Cesare quel che è di Cesare” della diocesi di Milano (www.scuolaformazionepolitica.org). L’incontro rientra nel programma del corso “Teatro e politica”, inaugurato quest’anno dalla Scuola col fine di offrire un “palcoscenico di incontro e discussione tra due realtà da sempre intrecciate e contrapposte: la verità e la menzogna”.

Risvegliare i giovani.

Il corso “Teatro e politica” è partito a dicembre con lo scopo, dice don Walter Magnoni, responsabile del Servizio per la pastorale sociale e il lavoro della diocesi di Milano, di “risvegliare l’interesse dei giovani per l’ambito socio-politico”. Il programma si compone di tre sezioni: un ciclo di quattro incontri teorici animati da docenti dell’Università Cattolica di Milano, la visione collettiva di spettacoli scelti tra quelli proposti dalla stagione teatrale milanese, e infine un laboratorio di teatro sul “Giulio Cesare” di Shakespeare condotto da Serena Sinigaglia. Al termine del percorso formativo, tutti i partecipanti dei vari corsi attivati dalla diocesi s’incontreranno a maggio nell’occasione di una visita presso un’istituzione italiana o europea.

I fondamenti della verità.

“Il teatro, dal greco theaomai, “guardare”, è il luogo dove si assiste all’espressione di un punto di vista. Questo è soggettivo ma mai arbitrario, personale e non privato. L’arte è sempre un atto pubblico, quindi politico”. Nel terzo incontro del corso la regista Sigaglia ha evidenziato le caratteristiche proprie dell’arte scenica che la rendono, come dimostra la “messa in scena” attuata dall’Amleto shakespeariano, “il mezzo più sicuro per smascherare la menzogna, per avere la prova fisica, inequivocabile della verità”. “Il teatro fa fatica a mentire – ha osservato la regista – per questo quando assistiamo a uno spettacolo fatto male ci annoiamo, e non siamo disposti a tollerarlo quanto invece tolleriamo ogni giorno la tv o un film mediocre. Del teatro ci si può fidare di più”. Sul rapporto tra verità e menzogna, Sinigaglia ha voluto portare l’esempio del racconto da parte delle televisioni di tutto il mondo del massacro di Timisoara, che sarebbe avvenuto in Romania pochi giorni prima dell’uccisione di Ceausescu. “Fu un’autentica messa in scena – ha commentato la regista – che ha rivelato la potenza del meccanismo della menzogna e dell’immagine televisiva. Un falso che dimostra come tanto più il mondo corre in avanti con l’acquisizione di nuove tecnologie, tanto più bisogna tornare indietro ai fondamenti della verità, all’incontro personale e concreto con chi ha visto con i propri occhi”.

Azione e rappresentazione.

“Non si ricorda mai abbastanza che il teatro nasce nella democratica Atene di Pericle come rito politico con un fine etico: vaccinare l’intera popolazione contro il morbo antico della tirannide e della violenza reciproca scatenata dalle insane passioni umane”. Claudio Bernardi, docente in discipline dello spettacolo all’Università Cattolica di Milano, nel suo intervento ha ripercorso alcuni dei cambiamenti avvenuti nella storia della società civile, attraverso i secoli, e di come questi si siano riflettuti nelle produzioni spettacolari delle varie epoche. “Tutti i miti di fondazione – ha spiegato il docente – si basano sulla lotta fratricida tra uguali, e presso tutte le civiltà vengono istituite delle guerre civili rituali, come il carnevale, dove viene effettuato un sacrificio. Il capro espiatorio ha così il compito di garantire la pace del gruppo, convogliando su di sé l’odio collettivo”. “I greci – ha continuato Bernardi – pensavano di aver trovato la soluzione alle discordie intestine proclamando il primato del logos sulla carne come via per la salute pubblica”. Il progetto ateniese fallì però a seguito della guerra tra Sparta e Atene e alla costituzione della tirannide. “Il teatro – ha specificato il docente – perse progressivamente i suoi originari connotati etici e politici, per trasformarsi in rituale della celebrazione estetica per una comunità non più etica, ma estetica”. La vera soluzione al desiderio di distruzione dell’uomo lo propone il Cristianesimo. “Cristo – ha detto Bernardi – unisce logos e corpo, il divino e l’umano; demolendo tutti i sistemi precedenti, il Cristianesimo ci invita a vedere Dio nell’uomo, e dunque a riconoscere la responsabilità delle cose del mondo non in uno ma in ognuno di noi”. Un Dio, precisa il docente che come capro espiatorio, durante la Passione, “mostra l’immagine peggiore dell’uomo nella quale ognuno deve guardarsi”. In termini teatrali, ha concluso Bernardi, il Cristianesimo “ricerca l’unione tra azione e rappresentazione, chiedendo a ognuno di noi di domandarsi: io dov’ero, io cosa ho visto?”.

(a cura di Marta Fallani