Un’occasione che si va consolidando in tutta Italia. La festa di san Francesco di Sales, patrono dei giornalisti, che cade lunedì 24 gennaio, serve a coagulare esperienze, a rilanciare progetti e dialoghi. Serve a riflettere. Lo abbiamo fatto con monsignor Claudio Giuliodori, vescovo di Macerata-Tolentino-Recanati-Cingoli-Treia e presidente della Commissione episcopale per la Cultura e le comunicazioni sociali.
Come può una comunità cristiana sfruttare al meglio questo appuntamento?
La ricorrenza offre alla comunità ecclesiale la possibilità di incontrare gli operatori dei media e di riflettere con loro sulle questioni più attuali del nostro tempo. È soprattutto l’occasione per riscoprire la vocazione dei comunicatori, chiamati a camminare verso la santità attraverso la crescita personale e anche attraverso la professione che dev’essere esercitata con coscienza e responsabilità etica. Sono molte le iniziative promosse nelle diocesi per valorizzare questa festa del patrono degli operatori dei media. Negli ultimi anni questa festa ha preso sempre più rilevanza.
Come ha visto crescere l’attenzione e le competenze della Chiesa italiana nell’ambito mediale in questi ultimi anni?
Negli ultimi quindici anni, con la svolta del Progetto culturale, l’attenzione al mondo dei media è cresciuta in modo esponenziale. In primo luogo per quanto riguarda la riflessione e l’approfondimento delle problematiche, con convegni come Parabole mediatiche (2002) e Testimoni digitali (2010), o con il Direttorio sulle comunicazioni sociali (2004). Hanno inciso profondamente su questa presa di coscienza gli Orientamenti pastorali del decennio passato, dedicati alle tematiche del Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia. In secondo luogo con l’impegno concreto a promuovere i media dei cattolici sia a livello nazionale sia locale, con un’attenzione all’avvento delle nuove tecnologie, del digitale e, soprattutto, all’espansione della rete.
Educare ai mass media: uno sforzo in linea con gli Orientamenti del nuovo decennio e che chiama in causa i formatori posti dinanzi a una grande responsabilità…
Gli Orientamenti pastorali della Chiesa italiana, incentrati sulla sfida educativa, si pongono in continuità con il cammino intrapreso e nello stesso tempo ci spingono a operare un salto di qualità. Occorre non solo conoscere e abitare il nuovo ambiente dei media ma mettersi nell’ottica di crescere in questo nuovo contesto aiutando tutti, in particolare le nuove generazioni, a essere protagoniste consapevoli e competenti dei processi mediatici che tanto incidono sull’educazione. La 'vita buona' passa anche attraverso un buon uso dei media. Serve una grande alleanza educativa che veda interagire in modo sinergico la famiglia, la comunità ecclesiale, la scuola e le forze sociali vive e attente ai processi di formazione e di crescita delle persone.
È dunque inderogabile la presenza di animatori della cultura e della comunicazione nelle parrocchie?
La scelta fatta dalla Chiesa italiana di promuovere una figura con adeguate competenze che sapesse sostenere e guidare l’attenzione di tutta la comunità alla nuova cultura mediale si è rivelata vincente dal punto di vista della risposta alle reali esigenze delle comunità. Ma siamo ancora lontani da una diffusione della figura dell’animatore tale da poter rispondere concretamente alle molteplici necessità. Ci auguriamo che la sollecitazione che viene dagli Orientamenti a proseguire su questa strada si traduca in un incentivo alla formazione e alla sempre maggiore diffusione di questa figura.
Il tema del messaggio per la Giornata mondiale del 2011 è «Verità, annuncio e autenticità di vita nell’era digitale»: il Papa sembra suggerire che gli strumenti non possono mutare i valori e la persona umana...
Il rapido sviluppo dei media ingenera una tendenza a relativizzare ogni cosa. Il consumo, quasi spasmodico, delle nuove tecnologie porta con sé il rischio di perdere di vista la centralità della persona e il primato delle relazioni interpersonali. L’era digitale apre scenari nuovi e inediti con grandi potenzialità per lo sviluppo umano, ma può anche accentuare gli elementi critici già presenti nella modernità, quali la sostituzione della verità con l’opinione e l’apertura al trascendente con il razionalismo o un vago spiritualismo. Per questo anche nell’ambito della nuova cultura dei media occorre sviluppare una coraggiosa opera di evangelizzazione, con linguaggi e metodi appropriati, in grado di interagire in modo dinamico e positivo con i nuovi contesti esistenziali.