UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Il vortice e l'antidoto

Le indagini per scoprire i responsabili del vile attentato di Brindisi e il delicato ruolo dei media: sono l'oggetto della riflessione di Marina Corradi per Avvenire, che vi riproponiamo. "Cor­rono sempre di più le notizie, vere e false, confuse insieme, affannate; e noi, - scrive la Corradi - crediamo d’essere sem­pre più informati. Ma bisogna saper scegliere, cro­nisti e lettori".
23 Maggio 2012
L’ansia di catturare quell’uomo. Quel tipo in giacca scura che nell’occhio di una videoca­mera preme su un telecomando, pochi secondi pri­ma dell’esplosione, orrendamente calmo: e poi sen­za fretta si allontana. È umanamente comprensibi­le che il desiderio di trovare subito l’attentatore per­corra Brindisi, la popolazione e anche i cronisti, co­me una febbre. L’altra sera i siti di molti quotidiani davano per cosa fatta l’arresto dell’uomo della bom­ba. Ne riportavano le iniziali, l’età, l’aspetto, il me­stiere e il quartiere in cui abita, oltre al particolare di una invalidità a una mano. L’hanno preso, ci si di­ceva nelle redazioni - con un misto di soddisfazio­ne e di incredulità, in un Paese che dopo qua­rant’anni non sa ancora chi mise certe bombe, e perché. E invece no, quell’uomo, sembra, non c’en­tra. L’han rimandato a casa, gli inquirenti. Ma in­tanto una piccola folla si era già assembrata davan­ti alla Questura, e ha preso a calci e pugni l’auto su cui credeva si trovasse il fermato, in una cupa vo­glia di linciaggio. Ma intanto in tutto il quartiere Sant’Elia, di bocca in bocca quel nome correva, in un irrefrenabile affastellarsi di frettolose certezze: è lui, è sempre stato uno strano, troppo silenzioso, sempre a trafficare con antenne e telecomandi... E le testate sul web a ripetere affannosamente quella 'certezza', nella competizione che si è fatta più a­spra da quando l’aggiornamento on line è conti­nuo, e bisogna essere sempre più veloci.

 
L’ansia popolare di trovare un colpevole si è coniu­gata con la fretta bruciante dei nuovi media e ha prodotto una bolla gonfia, subito scoppiata. Ma in­tanto, un intero quartiere ha creduto di sapere il no­me e la faccia dell’assassino. Un’ombra così scura che chissà se basterà la smentita degli inquirenti, a lavarla via del tutto; o chissà se invece un po’ di quel sospetto atroce non resterà, nel fondo degli sguar­di dei vicini di casa. La sfida alla velocità dell’infor­mazione ha prima riflesso e poi moltiplicato l’an­sia di avere un colpevole; e in modo esponenziale, come parallelamente alla velocità del web. E chi la­vora nei giornali da trent’anni ha come la sensazio­ne di trovarsi, abituato a guidare una familiare, al vo­lante di una macchina che brucia i semafori. (Ma più il mezzo è veloce, più lucida e calma deve essere la guida - quando si parla del destino di un uomo). La frenesia che percorre Brindisi e che tracima nelle cronache da laggiù si porta dentro, come un fiume in piena, un altro elemento preoccupante. Autore­voli giornali riportano la notizia della 'collabora­zione' di elementi della mafia pugliese, che confi­denzialmente mandano a dire agli inquirenti: se quello lo prendiamo noi, lo ammazziamo. E pare di sentirlo un plauso popolare, viscerale, a queste pro­messe. Come se di questa 'giustizia' ci si potesse fi­dare, come se sulle sue sentenze si potesse conta­re, mentre la giustizia dello Stato è così lenta, e tan­te volte, dopo anni e anni, fallisce. È evidente però, in questa assunzione di responsabilità sociale da parte della criminalità organizzata, che la mafia u­sa anche questa tragedia per legittimarsi , agli oc­chi della popolazione, come soggetto 'buono'; a­pertamente, e non più solo in un tacito costume; e nell’equivoco si alimenta e attecchisce di nuovo. E tutto è accelerato nello spingersi reciproco di web e umori della strada, che proprio per la velocità e l’e­motività che li caratterizzano entrambi sembrano un treno troppo veloce, che facilmente deraglia.
Il fatto è che non necessariamente l’immediatezza del comunicare è qualità della comunicazione. Un tweet, un titolo on line richiedono un istante: mol­to meno di quanto occorre per pensare. Il parados­so è che in quella corte chiassosa che è un mondo sempre connesso, discernere ciò che è vero è anco­ra più difficile. Ci aiuterebbe un po’ di silenzio, co­me ha detto il Papa; ma il silenzio ci spaventa. Cor­rono sempre di più le notizie, vere e false, confuse insieme, affannate; e noi, crediamo d’essere sem­pre più informati. Ma bisogna saper scegliere, cro­nisti e lettori. E non bisogna avere paura del silen­zio e della parola che lo scava e che incide, con for­za e senza mai violenza. A ragion veduta.