UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

In famiglia con parole nuove

Tre letture del Messaggio del Papa per la prossima Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali su un tema, quello della famiglia, che interpella tutti. Avvenire le ha chieste ad una mamma, ad un papà e ad un giornalista, il Presidente della FISC Francesco Zanotti.
27 Gennaio 2015

La mamma. «A scuola dal nostro figlio disabile»
Il giorno in cui ci dissero che Francesco non sarebbe mai diventato un bambino come gli altri, pensammo a un errore, dei medici, delle infermiere, di Dio. Forse Dio, nella sua immensa bontà, si era distratto. Giorno dopo giorno, mio marito e io abbiamo dovuto riconoscere di non essere sempre riusciti a stare vicino a chi cresceva sotto il nostro stesso tetto. E ora sappiamo che i problemi senza soluzione esistono. Ma forse Dio aveva messo in conto anche questo. Federico, fratello di Francesco, a 6 anni ha imparato a prepararsi da mangiare da solo; Mariapaola, sua sorella, a 5 anni, aveva già capito che se Francesco stava male e la mamma era in un’altra stanza, doveva essere lei a prestargli soccorso; e tutti noi, mamma, papà, nonni, zii e cugini, abbiamo scoperto che la nostra vita non sarebbe più nostra, ma sua.
Ricordo il giorno in cui Federico, mentre si lamentava della pasta troppo cotta o troppo cruda venne azzittito dalla domanda di Francesco: perché, secondo voi, nessuno in classe vuole sedersi vicino a me? Non riuscimmo a guardarlo e nemmeno a rispondergli, ma... spero tanto che lo abbia capito: per noi era un privilegio potergli stare accanto. Qualche anno dopo, abbiamo letto le sue parole, pubblicate proprio su Avvenire, in difesa di un mondo più attento ai diritti delle persone con disabilità. Sua sorella gli chiese: perché ti agiti tanto se sai che poi non cambia nulla? La risposta fu immediata: perché è giusto così. Lei lo guardò come si guarda un pazzo, un pazzo di cui andare fieri. Eravamo in ospedale con Francesco, prima di vederlo scomparire in sala operatoria, appena il tempo di sentirlo dire, dopo una delle tante liti tra fratelli: non lo meritate, ma pazienza, se non dovessi tornare, lascio a voi la maglia autografata di Zanetti. E lo abbiamo aspettato tutti insieme con ansia, nonni compresi, il giorno in cui ha voluto festeggiare il suo diciottesimo compleanno in mongolfiera. In mongolfiera, proprio lui: incapace di camminare e di tenere la testa dritta, ma capace di sorvolare il mondo e di sorridere felice. Caro Francesco, questo ho pensato leggendo il messaggio del Papa: se tu non fossi nato, i tuoi fratelli, i tuoi genitori, i tuoi zii e i tuoi nonni, avrebbero passato la vita a cercarti. (Anna Gallone)

Il papà. «La comunicazione è un talento al femminile»
Ormai con Francesco bisogna coniare un nuovo ossimoro: 'abituarsi alla sorpresa'. E anche nel messaggio per la Giornata mondiale delle comunicazioni la sorpresa non si è fatta attendere: quotidiani, periodici, radio, televisione, Internet, socialcosi cinguettanti... Invece di che parla stavolta il Papa? Di famiglia. Leggo tutto d’un fiato, ne esco ammaliato, piacevolmente spiazzato nel considerare come Francesco, associandola alla famiglia, abbia voluto ricondurre la comunicazione al suo punto di origine, quella che è stata elevata dal Concilio al rango di piccola Chiesa domestica. Risalire al senso costitutivo delle cose è un evidente servizio alla verità. Certo, per i «Pppp» ( Padri in Pantofole, Pipa e Poltrona) e altre specie autoctone, questo messaggio è un grado 7 della scala Richter, che scuote le coscienze. È come se fosse stato stampato il manuale 2.0 della comunicazione in famiglia, delle istruzioni che possono tornare a farla volare altissima e velocissima, semplicemente attraverso la cognizione di causa sulla profondità della sua natura. Francesco con l’esempio di Maria ed Elisabetta sottintende che la comunicazione benedetta da Dio è femmina. La lingua, la parola, la preghiera, la lacrima, l’apertura, la condivisione, l’inclusività... dovunque manchi comunicazione c’è una componente femminile che soffre. E allora, cari colleghi maschi, che magari come me a tavola bofonchiate stanchi monosillabi in risposta al tentativo femminile di instaurare un dialogo, facciamocene una ragione: le donne di casa nostra, sul piano della comunicazione, ci stanno avanti anni luce, perché la vivono come una esigenza primaria. Comunicare fa parte del loro genio, e lasciarci guidare su questa strada dà gioia a loro, fa bene a noi, ai figli, alla famiglia e, per naturale induzione, alla società. Fidiamoci. Senza ritegno. (Roberto Paludetto)

Il giornalista. «È in casa che impariamo lo stupore»
Il sussulto è l’azione che segue lo stupore. Proprio come accadde al bambino nel grembo di Elisabetta. Per la meraviglia di un incontro inatteso quel bimbo, nel pancione della madre, ebbe una scossa. Un movimento positivo, di gioia, di esultanza, come quando un ragazzino su un campetto di calcio segna il gol decisivo: salta per la felicità.
Ecco il vero volto della comunicazione. O abbiamo occhi per vedere oppure di cosa scriviamo? A cominciare da quanto accade nella nostra famiglia, nelle nostre relazioni con i figli e con il coniuge. Sì, perché il giornalista prima di tutto è un testimone. Non è uno che inventa, che scrive del frutto della sua fantasia. Il giornalista è – o meglio, dovrebbe essere, visti i tempi difficili in cui siamo costretti a registrare a più riprese l’esatto contrario – uno che racconta ciò che vede.
Per farmi comprendere descrivo un piccolo aneddoto familiare. Abitiamo in campagna, in quello splendido fazzoletto di terra curato come un giardino che si insinua tra l’Adriatico e le propaggini dell’Appennino romagnolo. I disagi per raggiungere più volte al giorno la città di Cesena sono, e soprattutto sono stati quando i figli erano più piccoli, di non poco conto. Con i miei ragazzi in auto ci diciamo e ci siamo sempre detti, spesso dopo le preghiere con cui iniziamo la giornata, che valeva la pena fare qualche chilometro per non perdere gli spettacoli che la natura ci riserva ogni mattina.
Le ghiacciate invernali, con le galaverne a pietrificare i campi. Le distese di neve, soprattutto quelle dell’inverno del 2012, che avvolgono tutto nel silenzio di un paesaggio immobile. E poi i peschi in fiore in primavera, i viali multicolori dei frutteti durante l’autunno. Ogni giorno un’emozione nuova. Ogni giorno sempre diverso. Ecco il cuore della comunicazione. Abbiamo ricevuto doni inestimabili. Spesso non ne siamo consapevoli. Ce ne dimentichiamo. La famiglia è il luogo in cui ho imparato a essere felice. Ho imparato a non domandare e a saper gustare quanto mi circonda. E soprattutto senza mai dare nulla per scontato.
Ora, con i figli ormai ragazzi, non smettiamo di stupirci. A volte anche a noi può apparire retorico ripeterci quanto è incredibile lo sbocciare delle gemme. Ma poi ci diciamo, subito e convinti, che se non siamo in grado di stupirci davanti a un tramonto che incendia l’orizzonte o a un lampo che illumina la notte significa che stiamo smarrendo la strada. Ascoltare, guardare e raccontare, questo si impara in famiglia. I grandi alla scuola dei piccoli e viceversa, in un intreccio di esistenze da cui tutti imparano a mettere insieme. (Francesco Zanotti, Presidente della Federazione Italiana dei Settimanali Cattolici)