UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

La bellezza “racconta” il Vangelo

Con suor Mazzarello e suor Tricarico, che sono intervenute nell'ambito del corso interdisciplinare "Bibbia-arte-comunicazione", è stato proposto un viaggio nell’arte che si fa catechesi. «La creatività», sostengono le religiose, «rende più accessibili le Scritture e avvicina chi non crede».
8 Luglio 2011
In un’unica opera d’arte ha unito lo «scandalo» che Cristo suscita fra i fa­risei sedendo a tavola con pubblicani e peccatori (co­me racconta il secondo ca­pitolo del Vangelo di Marco) e la parabola del Padre mi­sericordioso. Con tratti de­cisi, il sacerdote-artista te­desco Sieger Köder ha ri­scritto in pittura La cena dei peccatori (nella foto) che «per la sua semplicità ed essenzialità può essere considerata un testo adatto a trasmettere i contenuti della fede», affer­mano suor Maria Luisa Maz­zarello e suor Maria Franca Tricarico, docenti di cate­chetica e di arte alla Pontifi­cia Facoltà di Scienze dell’e­ducazione «Auxilium» a Ro­ma.

L'8 luglio pomeriggio hanno presen­tato al secondo Corso in­terdisciplinare «Bibbia-arte­-comunicazione» un viaggio sul «Vangelo nell’arte» che è sfociato in un laboratorio sul­l’interpretazione del patri­monio 'creativo'. «Nel rap­porto fra questi due ambiti – spiegano le docenti – quello che conta non è tanto lo sti­le, quanto piuttosto valutare come l’opera d’arte fa pene­trare dentro ciò che dice la Scrittura e come la ridice». Le religiose offrono una sor­ta di vademecum per stare davanti al lavoro di un’arti­sta: «Occorre contemplare in silenzio. Poi c’è bisogno di entrare nell’opera. E ancora: serve sostare senza fretta, sentire quali ricordi l’opera evoca, comprendere le sen­sazioni, i sentimenti e anche gli atteggiamenti di preghie­ra che emergono». Per le due docenti all’«Auxi­lium», le potenzialità del­l’arte a servizio della cate­chesi sono oggi da riscopri­re. «L’uomo contemporaneo – sottolineano – che il più delle volte non legge i testi biblici, può ammirarli quan­do, in un museo o in una chiesa, si ferma davanti alle opere d’arte. E potrà pure di­re di non avere fede o di non credere, ma di fronte a un’o­pera d’arte affermerà che è cosa bellissima e si avvici­nerà, seppure spinto dalla curiosità, a conoscere qual­cosa del suo messaggio».
Ecco gli spazi che un dipin­to o una scultura continua­no ad aprire. «Se dovessimo dare una definizione di arte cristiana, potremmo dire che si tratta di una “esegesi pratica” che comunica il messaggio biblico percor­rendo la via della bellezza. È un’esegesi che evidente­mente non va intesa in sen­so scientifico. Piuttosto il suo contributo va considerato nella potenza con cui la Pa­rola, avvertita secondo i ca­noni della teologia del tem­po, ha orientato gli artisti. Di fatto l’arte cristiana è un te­sto della tradizione».
La bellezza, dunque, non contraddice la profondità delle Scritture. «Anzi, le ren­de più accessibili – conclu­dono le religiose –. Una vera opera d’arte è sempre epifa­nia di bellezza capace di da­re unità al mistero che viene annunciato o è contemplato nella preghiera».