È un racconto di sguardi e di occhi. Il messaggio passa con poche parole. Primissimi piani su occhi neri e lucenti che testimoniano l’ardore di una fede. È Maìn (nel Monferrato vuol dire Maria), il film sulla vita di Maria Domenica Mazzarello, cofondatrice dell’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice, che sarà presentato il 4 maggio in anteprima all’Auditorium Parco della musica di Roma. La Congregazione ricorda così, con la pellicola diretta da Simone Spada e la sceneggiatura di suor Caterina Cangià, i 140 anni dalla fondazione dell’Istituto che nel racconto cinematografico diviene La casa della felicità. Maria Domenica, Maìn appunto, è piccola, pare già segnata dalla Grazia: «Papà, cosa faceva Dio, prima di creare il mondo?». Scena 08. Esterno. Casa dell’infanzia di Maìn. Notte. Il padre Giuseppe: «...Era un po’ come... io, tu, la mamma e, la Felicina anche... Ci vogliamo bene, no? E così è Dio. Lui vuole bene. Ecco cosa faceva prima di creare il mondo». La Casa della felicità è agli inizi Mornese, dove è nata Maìn, canonizzata nel 1951. Poi è essa stessa “casa” per le ragazze che le venivano affidate, quelle che diventeranno le prime Figlie di Maria Ausiliatrice. Ed è “casa” ancora oggi per le sorelle della Congregazione. Suor Caterina Cangià, che ha curato la sceneggiatura, è tra queste. «Il film – dice – si rivolge a tutti, e proprio per questo è stato costruito con chiarezza, immediatezza di lettura, informazione ed emozione. Oggi – aggiunge – vi è fame di amore e di relazione interpersonale. Ho voluto sottolineare questo bisogno traducendolo con il rispetto, l’ascolto e il dialogo. È un film che mostra una santità per l’oggi, feriale, semplice perché affonda le radici nella grandezza di Dio».
Tre anni di lavoro, 40 giorni di riprese, 15 attori principali e altrettanti secondari, 200 comparse, 600 costumi per raccontare la vita di Maìn dalla prima infanzia alla sua morte il 14 maggio 1881, passando per le dure prove cui fu costretta (il tifo, l’esilio per incomprensione e gelosia dei suoi compaesani, le fatiche fisiche), e i momenti di gioia, quando ad esempio, nel 1872, incoraggiata da don Bosco, dà l’avvio all’Istituto che sarà anche dopo di lei Casa della felicità. «Sono stato affascinato dalla figura di questa donna forte e carismatica – dice il regista Simone Spada – e impressionato dalla forza della sua storia. Ho cercato di raccontare, in un continuo scambio di idee con suor Caterina, la storia attraverso immagini eleganti che non tradissero mai l’aspetto reale.» Il messaggio forte di parole intense è tutto nella smagliante fotografia. «Ho pensato a lungo – dice il regista – alla cifra migliore per raccontare questa storia. Ho quindi deciso di spostare l’asse visivo verso una dimensione di natura, di luce, approfittando delle suggestioni che ho avuto durante le mie visite a Mornese e alla Valponasca. Durante i sopralluoghi, prima di girare, ogni Figlia di Maria Ausiliatrice che incontravo mi suggeriva o mi raccontava con amore e passione la storia di Maìn. Spero che questo amore torni a loro attraverso il film».