UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

La fabbrica dei presuntuosi

Si chiama Iggy ed è un social network molto speciale, potremmo definirlo il Facebook dei ragazzi 'intelligenti', creato dalla Warwick University in Inghilterra e destinato a non più del 5% degli studenti, i migliori. Sul senso di questa operazione non mancano le perplessità , come ha scritto su Avvenire Luigi Ballerini.
24 Giugno 2013
Si chiama Iggy ed è un social network molto speciale, potremmo definirlo il Facebook dei ragazzi 'intelligenti'. Creato dalla Warwick University in Inghilterra, ne leggiamo gli intenti sulla home page: «Iggy è un social network disegnato per aiutare i giovani talenti dai 13 ai 18 anni a realizzare l’intero loro potenziale. Fornisce ai membri l’accesso a grandi risorse educazionali e li incoraggia a lavorare con i top accademici e con altri giovani dotati nel mondo». Ovviamente è previsto il pagamento di una quota annua (più che doppia per i 'talenti' al di fuori della Gran Bretagna) e l’iscrizione ha un accesso limitato, su segnalazione degli insegnanti incoraggiati a proporre quel 5 per cento di studenti che rappresenta la crema delle loro classi. Rivolgendosi ai genitori, i creatori del sito dichiarano di voler «offrire ai nostri membri le opportunità che potrebbero mancare nell’educazione tradizionale, fornendo quel pezzettino extra di stimolo che li aiuti a ottenere tutto ciò di cui sono capaci». Insomma, un network per genietti.

Si ripropone, questa volta in versione 2.0 e social, la questione dei giovani talentuosi talora ritenuti discriminati dalla scuola al pari dei compagni meno dotati. I percorsi didattici, ad esempio, da molti di loro vengono ritenuti troppo noiosi e poco stimolanti e ciò porta i genitori a invocare attività dedicate e più avanzate. Lo stesso varrebbe con le frequentazioni fuori dalle mura scolastiche. Ma siamo sicuri che la creazione di realtà come Iggy sia la risposta giusta? Un club esclusivo può risultare di aiuto a un ragazzo?
Il talento non consiste unicamente nella facilità di apprendimento o nella mole di conoscenze e competenze acquisite; tale concezione, softweristica e prestazionale, non contempla infatti la principale qualità che rende un soggetto dotato, ossia il saperci fare nel reale e con gli altri che di quel reale fanno parte. Il legame sociale si costituisce in base a reciproci interessi e desideri, a mete condivise, a progetti comuni, non in base a presupposti. È una riduzione stare con un compagno solo perché ha un quoziente intellettivo pari al proprio o risultati scolastici analoghi, attendendo che ciò, di per sé, faccia legame. Il vero talento è piuttosto ciò che permette di apprezzare le doti degli altri, anche quelle diverse dalle proprie, anche quelle non direttamente quantizzabili e misurabili. Compie un errore quel genitore che, pensando di fare il bene del proprio figlio, gli preseleziona una compagnia o un ambito sociale solo perché ritenuto 'all’altezza' delle sue doti. Il rischio di produrre un ragazzo presuntuoso e insoddisfatto è drammaticamente alto.
Presuntuoso, perché presumerà che il legame non dipende dal suo lavoro di propiziazione dell’altro, né da quanto si dimostrerà un buon compagno, ma andrà in automatico. Insoddisfatto perché, dividendo il mondo in chi è dentro e chi è fuori dalla cerchia esclusiva, si perderà la varietà e la ricchezza dell’esperienza.
Tanto più un ragazzo è curioso e gli viene facile apprendere ciò che studia, tanto più ha voglia di condividere le sue esperienze con altri, non necessariamente identici a lui. Anzi sa ricavare da ogni circostanza ciò che c’è di buono e di interessante per sé come per tutti. Uno così desidera iscriversi nella società degli uomini, non in quella dei geni.
Società in cui potrà anche aiutare chi fa più fatica e sorprendersi di essere in realtà aiutato lui da loro. Aiutato nel rimanere umile, ossia nel considerare sempre il bene come ricevibile, potenzialmente da ogni altro che incontra per la via. Indipendentemente dal QI.
 
Luigi Ballerini