I temi legati all’informazione hanno interessato, per una intera giornata, la città di Catania e la locale arcidiocesi nell’ambito della preparazione dei festeggiamenti in onore della patrona sant’Agata (5 febbraio) e della memoria di san Francesco di Sales, patrono dei giornalisti. Martedì, per affrontare l’argomento, è intervenuto il direttore responsabile di Avvenire, Marco Tarquinio. All’evento ha preso parte anche il direttore generale della società editrice del quotidiano, Paolo Nusiner.
L’arcivescovo Salvatore Gristina ha voluto promuovere e guidare la giornata che ha coinvolto circa 600 persone in tre incontri: quello con il clero al mattino, quello con gli insegnanti di religione nel pomeriggio, e il dibattito pubblico serale nell’aula magna del Rettorato, a cui ha partecipato anche il sindaco della città etnea Raffaele Stancanelli. Tarquinio, introdotto dal presule, ha parlato del ruolo di Avvenire nel panorama spesso vago e poco limpido della comunicazione, di informazione e deformazione, dell’opera educativa della stampa per una 'vita buona': «La libertà del giornalista – ha spiegato – ha senso se si sposa con la responsabilità, perché è specchio della libertà di chi legge; quando non è così, è un delirio. Noi abbiamo senso solo se siamo al servizio dei lettori, dandogli la garanzia di non incrostare i fatti magari adulterando la realtà per partito preso».
Non sono mancati gli esempi di deformazione dell’informazione: gli attacchi alla Chiesa sulla pedofilia, senza mai affrontare il problema nell’insieme; le accuse nei confronti dell’ex direttore Dino Boffo costruite ad arte; la cronaca nera e il continuo impasto di sesso, sangue e soldi; l’aspro dibattito sull’Ici, generico e senza il controllo delle fonti; il silenzio dei media sulla situazione dei cristiani perseguitati e di tante violenze nel mondo; il sostegno all’eutanasia «come se ci fosse una domanda sociale di morte, come se ci fosse la fila in ospedale per farsi terminare anziché un desiderio di vita e dignità». Dinanzi ad un mondo raccontato solo in parte, solo dal lato oscuro, Avvenire s’impegna a dare voce a chi non ha voce guardando dove gli altri non guardano.
«Il bene che si fa – ha sottolineato il direttore – va raccontato. Si tratta di ascoltare la foresta che cresce nel silenzio e non solo l’albero che cade. La gente normale, quella non “certificata in vita” dalle apparizioni in tv, viene snobbata dalla comunicazione. Bisogna invece mettere al centro la persona, poiché i giornalisti impastano gli articoli con la vita degli uomini e delle donne». La dimensione educativa dell’informazione è stato un altro tema forte, soprattutto alla luce degli Orientamenti Cei: «Il compito del giornalista è pure quello di far aprire lo sguardo al lettore e particolarmente ai giovani; vuol dire essere pietre di paragone dinanzi a messaggi a senso unico ed essere pietre d’inciampo quando le notizie sono distorte. Fatti e opinioni devono camminare insieme, così sarà più facile svolgere un ruolo formativo».
Infine Tarquinio ha denunciato la tendenza di alcuni «poteri irresponsabili » a voler isolare il mondo, le comunità significative. Sono poteri che non rendono conto a nessuno e distruggono tutto: «Si vuole creare una società di donne e uomini soli, creando falsi bisogni, facendo terra bruciata attorno alle relazioni vere e ai valori non negoziabili, mostrando false libertà, rompendo le reti di solidarietà, poiché chi è solo è facilmente manipolabile mentre insieme si è una forza. Serve, dunque, uno sguardo limpido sul tempo che ci sta davanti, occhi per interpretare la realtà e una buona stampa che aiuti questo processo ».