«Venite e vedrete» disse Gesù a Giovanni e ad Andrea. Fu così efficace quella chiamata che, oltre a sortire l’effetto desiderato, lasciò nei due un’impressione fortissima tanto che a distanza di molti anni Giovanni sentì l’esigenza di scrivere nel Vangelo l’ora esatta in cui era avvenuta: le quattro del pomeriggio. Gesù aveva centrato il bersaglio mostrando qualcosa di entusiasmante.
Cosa hanno oggi i chiamanti per convincere un giovane a dire: «Va bene, vengo»? Le proposte di certo non mancano, ma per essere appaganti occorre che siano adeguate all’esperienza dell’uomo contemporaneo. Molte cose sono infatti cambiate da quando le nuove tecnologie, con i loro affascinanti universi di conoscenza, hanno cominciato a modificare il registro delle possibilità mentali e sensoriali dell’uomo dell’era digitale. Se ne è recentemente discusso in numerosi convegni prima e dopo la Giornata mondiale delle Comunicazioni sociali. Il computer che ci segue al lavoro, a casa, in vacanza, costituisce anche per la Chiesa un’occasione, a patto che gli strumenti non si sostituiscano ai rapporti umani diretti. Internet, mail, blog, chat, facebook, youtube, myspace, twitter, skype ed altre invenzioni di un mondo fragile e nondimeno attraente, costituiscono lo spazio virtuale dove i giovani si ritrovano e dove sono più facilmente disponibili all’ascolto. È singolare che ad accorgersene siano stati tra i primi gli ordini religiosi, già baluardo della cristianità nell’alto medioevo e culla del sapere umanistico. Monaci e monache di clausura con i loro messaggi in rete valicano i confini dei loro conventi. Tante le suore-webmaster che gestiscono newsletter, un esempio: le Agostiniane Scalze di Alcoy in Spagna, presenti anche in video su Youtube. Così pure le Suore Domenicane Contemplative del convento Matris Domini di Bergamo, che raccontano la loro vita e dialogano attraverso la webcam. Risultati lusinghieri in termini spirituali, ma anche richieste di esperienze in convento. La rete dei «pescatori di Galilea» è stata sostituita da quella moderna creata dalla tecnologia? Sembra di sì a sentire don Dino Cecconi. Da dodici anni in rete con il nome di «padre Net». A lui si rivolgono soprattutto giovani dai 16 ai 22 anni, che normalmente non frequentano la chiesa, ma sentono il bisogno di parlare con un prete e di essere ascoltati. Tra gli argomenti principali del loro chattare figura quello vocazionale, che don Dino affronta ascoltando l’interlocutore e operando un primo discernimento, per poi indirizzarlo a chi sul posto può accompagnarlo alla scelta definitiva. Così facendo dalla sua rete sono passati anche giovani che si sono consacrati a Dio. «La Rete – egli sostiene – è un filtro favorevole, adatto a rompere il ghiaccio, a diminuire le insicurezze e a dar vita ad un germoglio che ben presto vede la luce e si pone allo scoperto».
Dello stesso parere Antonio Riboldi, vescovo emerito di Acerra, che da anni mette a disposizione dei giovani internauti la sua esperienza e saggezza. Le email che gli arrivano contengono storie di vita, problemi di scelte, sogni di ogni tipo. «Ho sempre concepito la mia presenza in Internet – egli dice – come una panchina nel villaggio globale che attende chi si vuole fermare a riflettere e ascoltare ». Una panchina frequentata da chi cerca la sua strada, e tra questi ragazzi e ragazze che poi decidono di entrare in seminario o in convento. Ma perché una risposta venga data da chi è chiamato, la condizione è sempre la stessa: cogliere la voce di Gesù che passa da nuove strade e, come fece con gli apostoli, sussurra «Venite e vedrete».