UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Le diocesi: “Le tv locali
sono voci irrinunciabili”

Per molte Chiese locali le emittenti sono un «patrimonio culturale» da tutelare e che non può essere sacrificato alla logica dell’«omologazione informativa». Bloccare l’informazione del territorio significa inibire la «soggettività» storica, civile e sociale delle realtà che formano il mosaico del nostro Paese.
10 Agosto 2011
«Le piccole emittenti sono preziosi strumenti che consen­tono a una Chiesa locale di entrare nel­le case». Paolo Bon­ci, direttore uscente dell’Ufficio comuni­cazioni sociali della diocesi di Fiesole, sa bene quanto una tv del territorio possa trasformarsi in «agorà». Da venticinque anni cura una rubrica socio-religiosa, Segno 7 , che va in onda sul’emittente locale Tv1. «Con lungimiranza – afferma Bonci – la diocesi ha voluto accendere le tele­camere per raccon­tarsi. Ecco perché sarebbe una iattura perdere quel senso di prossimità che le locali sono riuscite a creare negli anni». Anche la diocesi di Piacenza-Bobbio ha costruito un rapporto proficuo con le locali co­me dimostra il programma setti­manale Le strade della vita trasmes­so da Telelibertà. «Andare in tv non è uno slogan, ma un’opportunità per essere in mezzo alla gente – sot­tolinea il direttore dell’Ufficio co­municazioni sociali, don Davide Maloberti –. E sono proprio le pic­cole tv che permettono di valoriz­zare ciò che è più vicino». Il sacer­dote le definisce una «ricchezza che non può essere sacrificata a vantag­gio delle reti maggiori che spesso so­no sinonimo di omologazione infor­mativa ». Il rischio di spegnere i ripetitori preoccupa. E non poco. Venerdì verrà pubblicato sulla Gazzetta Uf­ficiale il primo bando elaborato dal ministero dello sviluppo economi­co per stabilire le graduatorie delle tv che si salveranno e quelle che non ce la faranno. «Ogni comunità ha di­ritto di esprimersi – dichiara don Bruno Cescon, direttore dell’Ufficio comunicazioni sociali della diocesi di Concordia-Pordenone –. E non sono certo i grandi media che le de­scrivono. Per questo silenziare le vo­ci di un territorio vuol dire bloccar­ne la soggettività. Un pericolo ana­logo è stato corso dai settimanali diocesani con l’aumento delle tarif­fe postali». Insomma, un «patrimonio cultura­le che va tutelato», chiarisce il direttore dell’Ufficio comuni­cazioni sociali del­l’arcidiocesi di Manfredonia-Vie­ste- San Giovanni Rotondo , Alberto Cavallini. «Le locali – aggiunge – por­tano alla ribalta le istanze che ven­gono dal basso. E per la comunità ecclesiale sono una risorsa che con­sente di superare i confini delle par­rocchie ». Parla di «missione identi­taria » delle piccole tv il direttore del­l’Ufficio comunica­zioni sociali dell’ar­cidiocesi di Matera­ Irsina e segretario nazionale dell’Aiart, Domenico Infante: «Vanno difese per­ché penetrano nel profondo. E grazie al web le nostre emittenti aiutano a stabilire legami affettivi con gli emigranti».