UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Le periferie digitali ci aspettano

La Chiesa di Bergamo si interroga sulla comunicazione e sulle identità digitali, sui nuovi linguaggi e su una pastorale 3.0.
23 Ottobre 2018

Il sentiero della parola passa dai nuovi mezzi di comunicazione. Perché il presente è anche lì, nella vita virtuale dove si può - e si deve - praticare un dialogo reale. Da costruire giorno per giorno, conoscendone i rischi ma apprezzandone le opportunità. Trasformare la rete in un' agorà dove i cattolici sono cittadini digitali a pieno titolo per ciò che sono è una strada ancora in costruzione, ma il coraggio non manca. La comunità cristiana cresce sui social: oltre ai tradizionali siti, 'vivono' i gruppi Facebook legati agli oratori, le pagine più istituzionali di parrocchie e diocesi, sino ai profili Twitter di papa Francesco.
La Chiesa di Bergamo si interroga sulla comunicazione e sulle identità digitali, sui nuovi linguaggi e su una pastorale 3.0. Lo ha fatto sabato, in una mattinata densa di idee e di significati, all'interno del convegno «#ShareRespect » organizzato in occasione del quinto 'compleanno' di SantAlessandro.org, settimanale diocesano online che è nel tempo diventato laboratorio di nuove pratiche che coniugano comunicazione e fede. Attorno al tavolo si sono confrontati esempi e proposte. «Deve esserci una missione digitale della Chiesa, perché fa parte del mandato di Gesù - è la riflessione di Giovanni Tridente, docente e responsabile della comunicazione alla Pontificia Università della Santa Croce di Roma -. La vita delle persone oggi passa anche da questi luoghi: occorre perciò frequentarli trovando empatia e il giusto canale di comunicazione. La Chiesa non deve spegnere il dialogo digitale, deve educare a viverlo».
Ogni mezzo ha il suo linguaggio, un proprio target, la sua strategia comunicativa da sviluppare: la presenza in rete della 'Chiesa 3.0' presenza volti diversi e innovativi. È recente, per esempio, il lancio di «Din Don Dan», app sviluppata da quattro studenti universitari che mostra le chiese di Milano e dintorni indicando l' orario delle Messe. «Oggi il cristiano ha l'obbligo dell' affabilità - sottolinea Fabio Colagrande, giornalista di Radio Vaticana Italia -. Umorismo e autoironia sono strade per la vita spirituale oltre che per quella comunicativa». Colagrande traduce il proposito nel concreto guidando la platea in un vasto campionario di intelligenti forme di ironia legate al mondo della Chiesa e prodotte dalla stessa comunità ecclesiale. Tweet e post ispirati dallo humour possono avvicinare il mondo cattolico e quello laico, nel solco della «Preghiera del buonumore» di san Tommaso Moro.
Tra le maglie della Rete si assiste però a una recrudescenza dell' odio: «Occorre operare un cambiamento dal basso - spiega Fabiana Martini, giornalista ed esponente di Parole O-Stili, progetto di sensibilizzazione contro la violenza sul Web -. Una proposta concreta è quella di insegnare nelle scuole l'educazione ai media per rendere i più giovani consapevoli delle conseguenze che l' uso di Internet può avere». Scuole, ma anche oratori... «Le iniziative sono ancora spontanee e poco coordinate, ma riteniamo che sia essenziale superare i muri che ci portano a guardare con diffidenza alle periferie digitali - aggiunge Sabrina Penteriani, direttrice di SantAlessandro.org -. Siamo convinti che impegnarsi nel mondo online possa essere cruciale come un tempo lo sono stati gli oratori».
È anche nell'intreccio tra il reale, i nuovi strumenti e i media tradizionali (l'incontro è stato significativamente moderato da Alberto Ceresoli, direttore de L' Eco di Bergamo, quotidiano di proprietà della Diocesi orobica) che la pastorale può avvicinarsi di più ai giovani.

(Luca Bonzanni)

da Avvenire del 23 ottobre 2018, pag. 15