UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Le “sentinelle” dei mass media

Mons. Domenico Pompili, Sottosegretario CEI e Direttore dell'Ufficio Nazionale per le comunucazioni sociali, domenica 20 novembre ha chiuso con il suo intervento (in allegato il testo) la sessione in presenza del corso Anicec 2011. Sono aperte le iscrizioni per l'edizione 2012 (www.anicec.it).
22 Novembre 2011
Una «guida alternativa» per i nuovi quartieri ipermediali, ospitale ed accogliente, capace di orientare e aprire alla trascendenza. È l’animatore della cultura e della comunicazione, colui che «introduce spazi di dialogo tra reale e virtuale» e sa far guardare oltre. Più che uno specialista, «è un esperto di umanità e un cittadino a pieno titolo del pianeta digitale, dato che fa della logica del dono, della condivisione, dello scambio il proprio stile relazionale», ha spiegato monsignor Domenico Pompili, direttore dell’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali e sottosegretario della Cei.

 
Intervenendo alla sessione «in presenza» del corso Anicec che si è svolta a Roma nei giorni scorsi, Pompili ha tracciato l’identikit di quella che sempre più deve diventare una figura di riferimento nell’ambito sociale e culturale. Soprattutto oggi che la Rete rappresenta «l’elemento sintetico dell’attuale stagione post-mediale».
L’animatore «non trasmette, ma prima di tutto incontra chi si sente smarrito o vuole conoscere meglio per poter abitare». Si tratta di una persona che «sa uscire dalle mappe ufficiali e dalle mode del momento, con le loro parole chiave che durano meno di una stagione, e dagli entusiasmi tecnologici così poco inclini alla questione del senso, per esplorarne le potenzialità alla luce di una passione e di un interesse per l’umano e di un desiderio di pienezza». In quest’ottica, ha tenuto a precisare Pompili, il servizio che offre «non risponde a un 'dover essere', ma a un 'non potere fare a meno', mosso dal desiderio autentico di condividere con altri ciò che si è conosciuto e compreso ». Del resto, ha ricordato, «l’animatore è tale perché ha un fuoco dentro, ha qualcosa di importante da dire» e sente il bisogno di testimoniare che «è la verticalità che buca la Rete e restituisce all’orizzontalità il suo significato pieno e umanizzante». Secondo il sottosegretario della Cei, «la vera sfida oggi è quella della trascendenza: essere pienamente dentro, ma affacciati su un altrove; essere nel Web, ma non del Web». «Nella cultura contemporanea – ha rilevato – si pensa che escludere la dimensione del sacro renda l’uomo più libero; in realtà escludere, negare, o relegare nella sfera esclusivamente privata lo spazio del sacro impoverisce l’esperienza umana e la qualità della vita di tutti».
Quella dell’animatore è dunque una vera missione: a lui è richiesto di essere «sentinella» che «vigila e aiuta a rimanere svegli», ma al contempo «lievito che tiene in movimento e sa riconoscere e sviluppare le sinergie e i possibili contributi, specie dei giovani». Questo significa saper cogliere, della logica digitale, «la non separabilità dell’imparare e dell’insegnare, entrambe attitudini qualificanti dell’essere umano di ogni età, favorendo lo scambio dei ruoli e le alleanze educative tra le generazioni e tra persone con capacità diverse». E inoltre «promuovere convivialità, condivisione, anche intergenerazionale, e una quotidianità che consolida il tessuto relazionale e dà spessore alla comunicazione ». Occorre «valorizzare i media tradizionali alla luce dei nuovi» per trasformarli «da qualcosa di dato per scontato, e quindi potente, in un’occasione per una rigenerata capacità relazionale e una nuova intelligenza del mondo e persino della fede». L’animatore, ha concluso Pompili, è alla fine il «facilitatore di una nuova sintesi umanistica e promotore di un oltre rispetto a ciò che la tecnica rende immediatamente disponibile: la partecipazione oltre l’interattività, l’incontro oltre la connessione, la riconnessione della complessità esistenziale oltre la moltiplicazione degli spazi relazionali, il desiderio di un oltre che la tecnica suggerisce ma che non può dare».