UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Locri: il coraggio delle domande

“Anche i giornalisti che si definiscono cattolici spesso perdono il valore comunionale della Chiesa e nei loro scritti parlano di essa come di una realtà distante, come se non appartenesse anche a loro, come se fosse la parte avversa o per lo meno che sta di fronte e non l’aggregazione nella quale si entra in forza del battesimo e in forza di quella consapevolezza che si dovrebbe avvertire quando si dice: io sono cattolico”. Lo ha affermato nei giorni scorsi monsignor Giuseppe Fiorini Morosini, vescovo di Locri-Gerace, durante la messa in occasione dell’incontro regionale dei giornalisti cattolici.
7 Febbraio 2013
“Anche i giornalisti che si definiscono cattolici spesso perdono il valore comunionale della Chiesa e nei loro scritti parlano di essa come di una realtà distante, come se non appartenesse anche a loro, come se fosse la parte avversa o per lo meno che sta di fronte e non l’aggregazione nella quale si entra in forza del battesimo e in forza di quella consapevolezza che si dovrebbe avvertire quando si dice: io sono cattolico”. Lo ha affermato nei giorni scorsi monsignor Giuseppe Fiorini Morosini, vescovo di Locri-Gerace, durante la messa in occasione dell’incontro regionale dei giornalisti cattolici. Con Morosini ha concelebrato il vescovo di Mileto-Nicotera-Tropea, mons. Luigi Renzo, delegato della Conferenza episcopale calabra per la cultura e le comunicazioni sociali.
 
Non stare in silenzio. Per mons. Morosini “manca, tra i nostri fedeli, il senso dell’appartenenza, forse perché la fede non è stata mai una conquista dopo il travaglio della ricerca, ma fragile filo che ci lega a una cultura che ha radici cattoliche perché tali sono le radici del nostro territorio”. Il vescovo ha ricordato che “la fede non è solo culto”, né “può chiudersi in un individualismo sterile, che abbia come prospettiva solo la salvezza della propria anima”. Da qui la domanda per i giornalisti cattolici: “In che modo aiutano la gente a leggere i problemi del territorio? In che modo da cattolici la spronano a una coscienza critica per un protagonismo responsabile e coraggioso?”. La missione del giornalista cattolico - ha spiegato il presule - deve essere quella della “carità nella verità; una carità che aiuta a raggiungere la coscienza di uomo, abbandonando tutto ciò che appartiene al mondo dei bimbi, cioè una visione superficiale ed emotiva degli avvenimenti”. Al contrario, “il giornalista cattolico aiuta il popolo a raggiungere una coscienza matura per discernere gli avvenimenti ed essere protagonista; offre elementi di riflessione che sfuggono, notizie che non si sanno”.
 
Denunciare con responsabilità. Il vescovo ha quindi indicato i molti problemi della Locride, ma anche della Calabria, che “avrebbero bisogno d’interventi seri e di una presa di coscienza da parte dei cittadini, che forse manca o non riesce a esprimersi per paura o per resa dinanzi a una realtà che non cambia, alle provvidenze non sfruttate che sono piovute sul nostro territorio, all’assenza di progetti chiari e realizzabili in loco, come il rilancio ad alto livello dell’artigianato e dell’agricoltura e un maggior impegno nel recupero, risanamento e valorizzazione del patrimonio archeologico, artistico e storico in rovina per mancanza di fondi”. Mons. Morosini ha chiesto di “non ridurre la lotta alla criminalità alla sola repressione. C’è bisogno che soprattutto i giovani vedano il volto amorevole dello Stato, che si preoccupa del loro presente educativo (scuole dignitose, strade percorribili, mezzi di comunicazione rapidi, strutture sportive, centri di aggregazione) e del loro futuro lavorativo, senza lo spauracchio dell’emigrazione”. Il presule ha poi evidenziato altri problemi: lo “scioglimento dei Comuni, che è un intoppo per la democrazia di una società”, lo “spopolamento dei piccoli centri” e la “garanzia della sicurezza di quei cittadini che vogliono impegnarsi nella politica senza nulla temere per se stessi e per le proprie famiglie”. Da ultimo il carcere con i problemi connessi della detenzione preventiva e del sovraffollamento in condizioni spesso “disumane”, oltre che la questione “altrettanto difficile e controversa del recupero dell’ex carcerato, per il quale alcune volte si accusa la Chiesa di predicare un perdono facile, a basso prezzo”.
 
Far maturare la coscienza. Qual è stato il contributo del giornalista cattolico nell’agitare questi problemi e nel creare opinione, facendo maturare la coscienza della gente? Questa la domanda del vescovo della Locride, che ha citato il problema della spazzatura per le strade chiedendosi: “Abbiamo avuto il coraggio di denunciare le responsabilità?”. Infine il problema “tutto proprio” dei giornalisti, “buttare senza pietà il mostro in prima pagina, senza il benché minimo rispetto della dignità e della riservatezza di una persona”. Da qui lo scopo di questa giornata, ovvero “far maturare la coscienza e creare opinione tra la gente, promuovendo una riflessione che rispetti carità e verità allo stesso tempo”. Ma per far questo “dobbiamo avere il coraggio di andare controcorrente. La verità non teme reazioni o contraccolpi. Come non li ha temuti Gesù, il quale dinanzi all’incredulità dei suoi paesani e al tentativo di ucciderlo non ha avuto paura di affermare la sua identità di inviato dal Padre per essere il messia vaticinato da Isaia, ma ha camminato in mezzo a loro con la testa alta, fiero di proclamare la verità”.
 
a cura di Raffaele Iaria